Silenzioso, violento, inesorabile. Negli allevamenti italiani gli ingranaggi del massacro continuano a macinare carcasse: Giulia Innocenzi, produttrice e regista (insieme a Pablo D’Ambrosi) di Food For Profit, torna a documentare gli abbattimenti per la peste suina africana sul proprio profilo Instagram.
Il copione è quello già noto a chi tiene la testa fuori dalla terra, andato in onda verso la fine dello scorso anno su Report: metodi cruenti mossi dalle pulsioni di un mercato evidentemente redditizio, con abbattimenti per elettrocuzione anziché con gas. Ma prima un breve riassunto: che cos’è la peste suina? È pericolosa per l’uomo?
Nel pantano degli abbattimenti: da chi li paga alla loro utilità
La peste suina africana, come suggerisce il suo stesso nome, è un virus del tutto innocuo per l’essere umano; ma estremamente contagioso e letale per i maiali e i cinghiali. Si tratta, numeri e date alla mano, di una presenza ormai nota sul territorio nazionale, specialmente in Piemonte, Liguria (in queste due regioni, nel dicembre del 2021, furono individuati i primi focolai) e Lombardia, che di fatto vanta il 50% del totale dei capi da allevamento presenti sul territorio italiano.
L’anno scorso, confermata la sua presenza negli allevamenti, furono registrati più di 50 mila abbattimenti di maiali. L’obiettivo, l’avrete intuito, era quello di contenerne quanto più possibile la diffusione: una sola positività in un allevamento era sufficiente a decretare l’abbattimento di tutti gli animali presenti.
Le immagini di Report, citate in apertura di articolo, avevano spinto lo stesso ministro Lollobrigida a intervenire in Parlamento (occasione in cui, pensate, apprese finalmente dell’esistenza di Food For Profit, un documentario trasmesso anche al Parlamento Europeo: un tentativo di criminalizzare gli allevatori, sostenne il ministro).
In questo momento sono sette gli allevamenti sotto indagine per il virus, di cui cinque già parte del circuito della grande distribuzione. Giulia Innocenzi e il suo team sono stati in provincia di Novara, dove è scoppiato il primo focolaio, e ripreso immagini che testimoniano la ripresa delle crudeltà. Ma perché tutto questo?
“Perché gli abbattimenti di massa servono per tutelare la filiera del prosciutto del Made in Italy”, spiega Innocenzi. E sapete chi paga? “Siamo proprio noi con le nostre tasse” continua Innocenzi “l’anno scorso come quest’anno. E a un anno di distanza sembra che non abbiamo ancora imparato la lezione”.