Ormai manca pochissimo: il 10 maggio Giorgio Locatelli aprirà il suo nuovo ristorante alla National Gallery di Londra, il “Locatelli’s”, insieme al “Bar Giorgio” e un club. Un’avventura che segna una ripartenza dopo un periodo di grandi riflessioni, che hanno portato alla chiusura della sua storica “Locanda” dopo 23 anni, e un’occasione per una riflessione a tutto tondo, dalla cucina alla politica, in un’interessante intervista a Cook, testata gastronomica del Corriere della Sera.
Il nuovo ristorante
Il nuovo “Locatelli’s” sembra partire già sotto ottime premesse: “il 10 maggio apriamo il ristorante Locatelli’s, il Bar Giorgio e un club. Tagliatelle al ragù e maritozzi, abbiamo già 400 prenotazioni in attesa. Ma sarà diverso: io dovrò motivare il personale, non pagarlo. A quello penseranno i partner. Finalmente posso dedicarmi solo alla cucina: non sono un bravo businessman. Anzi, sono terribile con i soldi…”.
La chiusura della sua “Locanda” stellata non sembra essere un problema, anzi: “ho avuto la stella per 23 anni, non mi mancherà: non cucinavo per quello, ma per il ristorante pieno – racconta il giudice di MasterChef – Eravamo aperti tutti i giorni con uno staff di 76-84 persone da gestire: troppa pressione. Il sabato dopo l’addio io e mia moglie Plaxy ci siamo resi conto che quello era il nostro primo weekend libero dal 2002”.
Una decisione maturata nel tempo, frutto anche di due lutti in famiglia: “la morte di mio fratello Roberto, nove anni fa. Un cancro alla gola, se ne è andato in pochi mesi a 55 anni. Mio papà Ferruccio non ha retto, è mancato poco dopo. Per me è stato uno choc: credo che tante mie decisioni siano nate da lì”.
Locatelli e la politica
Il cuoco varesotto ha un buon rapporto con Re Carlo III, basato su un peculiare scambio gastronomico: “quando era principe veniva alla Locanda con Camilla. Da sovrano no. Però ogni anno mando un tartufo a Palazzo per Natale: bianco, di Alba o di San Pietro al Pettine, in Umbria. Una volta non mi ha ringraziato, l’anno dopo mi ha fatto arrivare un tartufo nero trovato da lui nella tenuta di Sandrigham. Molto buono!”.
La situazione politica italiana però, lo turba. In occasione della cena organizzata dal Presidente Mattarella al Quirinale ammette: “ho fatto fatica a stringere la mano a qualche ministro italiano. Mi ha proprio dato fastidio. Vengo da una grande tradizione antifascista: mio zio paterno, Nino, era partigiano. Venne fucilato a vent’anni dai nazisti durante una missione in Piemonte. Papà al tempo era un bimbo, ma lui e zia Luisa ce ne hanno sempre parlato”.
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Gli abusi nella ristorazione
Argomento delicato, su cui si è trovato a doversi esprimere appena qualche mese fa, e su cui non manca di ribadire una posizione chiara: “rifarei il cuoco, l’unico mestiere che conosco. Ma mi eviterei un po’ di abusi: a Londra e Parigi sono stato umiliato in tutti i modi. Invece di resistere per dimostrare qualcosa, me ne andrei. Oggi quel tipo di educazione in cucina è ridicola. A volte succede ancora che i ragazzi in brigata, under 25 e col testosterone a duecentomila, si bullizzino tra di loro e tu non te ne accorga. Ma non è una scusa, bisogna intervenire e governare dando l’esempio: no umiliazioni”.
Un ristorante in Italia? Per ora resta un desiderio: “in Puglia, dove abbiamo casa. Ma adesso c’è ancora Londra”.