Un gesto fraterno in Germania tra due culture talvolta in conflitto tra loro: un ristorante musulmano preso di mira dai terroristi nel 2019, è stato salvato dalla bancarotta da una comunità di ebrei per mantenerlo attivo durante la pandemia.
Il Kiez-Döner è un piccolo ristorante che offre kebab nella città di Halle. Nel 2019 è diventato “famoso” per colpa di un attacco terroristico avvenuto proprio davanti al locale: in quella terribile occasione, durante lo Yom Kippur, il giorno più sacro del calendario ebraico, due persone sono state uccise da Stephan Balliet, un giovane di 28 anni ai tempi, accanito sostenitore dell’estrema destra. Il terrorista aveva puntato inizialmente alla sinagoga vicino al locale, ma visto che non era riuscito a entrare, aveva rivolto la sua attenzione al piccolo ristorante musulmano, uccidendo un cliente di 20 anni che si trovava all’interno e una donna di 40 anni nelle vicinanze. Aveva persino trasmesso in streaming l’attacco sui social media.
L’assassino è stato condannato all’ergastolo a Dicembre per le uccisioni e il tentato omicidio di altre 66 persone. Due fratelli di origine turca, Ismet e Rafin Tekin, hanno rilevato il negozio di kebab poco dopo l’attacco, ma come se non fosse bastato l’attacco terroristico, l’anno scorso il locale era a rischio di chiusura a causa di un calo degli affari causato dalle severe restrizioni Covid. Così una piccola comunità ebraica della città si è mobilitata a sostegno del negozio, che in seguito è diventato un santuario per le due vittime, Jana Lange e Kevin Schwarze.
L’Unione degli studenti ebrei tedeschi ha raccolto online poco meno di 30.000 euro, superando facilmente l’obiettivo di 5.000 euro nel giro di pochi mesi. Secondo quanto riferito, anche un imprenditore ebreo locale è intervenuto per acquistare in anticipo € 1.000 di kebab, che potrebbero essere riscattati alla riapertura del negozio.
“Noi, come Jewish Student Union Germany (JSUD), crediamo in una società multiculturale in questo paese. Crediamo in una pacifica convivenza, indipendentemente dalla religione, nazionalità o colore della pelle. Crediamo nella solidarietà“, hanno detto gli studenti, in un post sulla piattaforma di crowdfunding GoFundMe.
[ Fonte: The Telegraph ]