Prendere due piccioni con una fava – anzi, addirittura tre: promuovere l’adozione di diete più sane, spingere a una riduzione del consumo di carne e al contempo tamponare le conseguenze dell’inflazione galoppante, che ha innescato una serie di netti aumenti ai prezzi del cibo. Ci stiamo riferendo a quanto è accaduto in Germania, dove le autorità governative hanno lanciato la proposta di introdurre l’Iva a zero sulla frutta e la verdura: portavoce dell’iniziativa è il ministro dell’Agricoltura Cem Ozdemir, appartenente al gruppo dei Verdi, ma a onore del vero la sua coalizione appare tutt’altro che solida – tanto che diversi esponenti hanno già manifestato evidenti segni di insoddisfazione.
Gli obiettivi multipli dell’Iva a zero su frutta e verdura
Come brevemente accennato in apertura, tra le immediate conseguenze della misura in questione ci sarebbe quella di rendere il cibo sano più accessibile a tutti: i cittadini tedeschi – uomini in particolare – sono d’altronde all’ultimo posto nel contesto europeo per quanto riguarda la quantità di verdure consumate, e la riduzione dei prezzi potrebbe dunque innescare un timido ma comunque concreto aumento dei consumi. Per di più, l’iniziativa permetterebbe anche alle fasce più povere della popolazione di approcciarsi a prodotti alimentari più sani – un fenomeno, questo, che ad esempio nel Regno Unito sta sfociando in una differenza sempre più marcata nelle abitudini dietetiche delle varie fasce di reddito.
Per potenziare questo effetto i rappresentanti della coalizione tedesca stanno valutando di accompagnare l’Iva a zero con un incremento della stessa per quanto riguarda i prodotti a base di carne, che i tedeschi sono soliti consumare in grandi quantità (tanto da eccedere le quantità raccomandante dalle autorità sanitarie).
Insomma, sulla carta tutto funziona: quando si tratta di scegliere con cosa riempire il piatto, tuttavia, numeri e dati potrebbero fallire nel fornire una lettura completa della situazione. Occorre infatti valutare anche le abitudini: secondo gli esperti rimodellarle è un obiettivo che necessita di una serie di interventi nel contesto dell’educazione alimentare – interventi che, chiaramente, avrebbero effetto solamente nel lungo termine.
Allo stesso tempo, la lettura proposta da alcuni esperti boccia completamente i tagli all’Iva come potenziale tampone alle conseguenze dell’inflazione alimentare: si tratterebbe, infatti, di una misura non abbastanza precisa e mirata per aiutare effettivamente le fasce più vulnerabili della popolazione. “Le persone a rischio di povertà sono le più colpite” ha spiegato Peter Breunig, professore presso l’Università di scienze applicate di Weihenstephan-Triesdor ” poiché spendono una percentuale molto maggiore del loro reddito familiare in cibo, a volte più del 20%”. In questo caso, l’introduzione di interventi di sostegno finanziario specifico potrebbero essere molto più efficaci.
Come vi abbiamo anticipato, per di più, l’iniziativa ha trovato una certa resistenza anche nello stesso governo: il ministero delle finanze, ad esempio, ha negato l’esistenza stessa delle proposte presentate dal ministro dell’Agricoltura; mentre i rappresentanti dell’Spd, il principale partito tedesco, hanno espresso forte scetticismo: “Mi chiedo perché anche le persone con un buon reddito dovrebbero ottenere questa riduzione dell’Iva” ha commentato a tal proposito Lars Klingbeil, segretario generale dell’Spd.