L’anno scorso, a Genova, il Comune ha approvato una delibera “anti Kebab“: un divieto a negozi ed empori etnici e stranieri di aprire locali nel centro della città. Ebbene la cosa ha funzionato molto bene ma di recente è saltato fuori che non vale se sei tedesco.
Spieghiamo meglio. A Genova non ci sono né kebabbari né empori cinesi, né money transfer, internet point o phone center. Ok. Di recente, tuttavia, una catena tedesca di prodotti e cibo – si chiama DM – ha proposto apertura a Genova ma, a causa dell’ordinanza suddetta, non ha potuto. Cos’hanno fatto, allora? Si sono tutti immediatamente adoperati per cercare postille o aggiungere regole all’ordinanza per poter “accettare” i tedeschi. L’assessore allo Sviluppo economico della città, Giancarlo Vinacci, intervistato da Ilfattoquotidiano, spiega infatti: “stiamo studiando come risolvere l’incidente e il sindaco ha garantito il suo impegno. Sicuramente sarà necessaria una deroga o una clausola ad hoc per le grandi aziende»
Alcune etnie e negozi val la pena farli aprire, altri no. Stesso discorso a Firenze nel 2016, con un’altra ordinanza anti kebab che metteva al bando i punti di cibo etnico, ma con una clausola che permetteva invece cibo etnico di “qualità”. Sia a Firenze, che ora a Genova, si collegano i servizi etnici al degrado: far chiudere ristoranti e servizi per stranieri farebbe quindi tornare il centro pulito e ordinato, degno di civiltà.
Fu infatti l’assessore al commercio Paola Bordilli a occuparsi del testo dell’ordinanza, che elenca anche le conseguenze negative delle suddette attività: “distorsioni negli equilibri economici dell’area e riflessi negativi per prioritari interessi collettivi, tensioni sociali, lacerazione nelle consuetudini di vita degli abitanti, movimenti demografici innaturali e forzati, presenze etniche prevalenti nell’area».
Tornando alla catena tedesca, vi terremo aggiornati.
Fonti: Il Post