Gaza Cola: le lattine che vogliono ricostruire la sanità in Palestina

Un attivista rifugiato a Londra ha creato "Gaza Cola", con cui vuole finanziare la ricostruzione di un ospedale e sensibilizzare sulla causa palestinese.

Gaza Cola: le lattine che vogliono ricostruire la sanità in Palestina

Una lattina di cola, rossa, con una scritta in un font decisamente evocativo, decorata con la trama della kefiah e una bandiera palestinese in bella vista: è l’insolito, ma efficace, mezzo scelto da Osama Qashoo, regista, attivista per i diritti umani, ristoratore e -infine- produttore di bibite palestinese rifugiato a Londra, per veicolare il suo messaggio di protesta e sostenere la causa della sua gente.

Non solo, la “Gaza Cola” è anche un mezzo per raccogliere fondi per finanziare la ricostruzione dell’ospedale Al-Karama, distrutto dai bombardamenti israeliani: un’opera che richiederà una cifra intorno ai quattro milioni di dollari.

La storia di Osama Qashoo

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Quella di Qashoo è una lunga storia di proteste pacifiche. Nel 2001 è stato tra i cofondatori dell’International Solidarity Movement (ISM), un gruppo di resistenza non violenta all’occupazione israeliana, poi evoluto nel Boycott, Divestment, Sanctions (BDS), associazione che promuove il boicottaggio di marchi e aziende direttamente coinvolti nell’oppressione palestinese. Una su tutte, Coca Cola, operativa nel quartiere industriale di Atarot nella Gerusalemme orientale: chissà se Qashoo si sarebbe aspettato di diventarne un concorrente diretto, più di vent’anni dopo.

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Le sue proteste contro la barriera di separazione israeliana che lui chiama “il muro dell’apartheid”, lo constringono a lasciare la Palestina per rifugiarsi a Londra. In Inghilterra, il suo spirito attivista non si placa, anza: nel 2010 ha aiutato ad organizzare la Gaza Freedom Flotilla, flotta di navi con la missione di portare aiuti umanitari a Gaza via mare, operazione che ha portato al suo arresto e alla tortura.

Nella capitale inglese ha fondato il ristorante Palestinese Hiba Express, sopra il quale ha creato “Palestine House”, centro di ritrovo sociale per i rifugiati come lui e sede operativa delle sue attività.

La Gaza Cola

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Qashoo non è certo un fan delle bibite gasate, ma ciò che conta è, ovviamente, il messaggio: “è una dichiarazione per tutte le multinazionali che stanno investendo in zone di guerra. Per parlare loro di dignità. Non lo vedete cosa stanno facendo i vostri soldi? Perché stanno facendo danni, stanno distruggendo le case e il nostro ambiente… devono svegliarsi e devono capire che i loro soldi e la loro avidità stanno causando il nostro genocidio”.

I proventi della vendita serviranno a finanziare i lavori di ricostruzione di un piccolo ospedale, l’Al-Karama: “è stato ridotto in macerie senza una ragione, come tutti gli ospedali di Gaza”, racconta Qashoo, e le Nazioni Unite confermano che i gli attacchi israeliani agli ospedali hanno portato la sanità di Gaza al collasso.

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Sarebbe un primo passo, ma molto importante: “è un ospedale piccolo, abbastanza gestibili, non costa tantissimi soldi -sostiene l’attivista- ci è permesso immaginare, dobbiamo sognare altrimenti non possiamo vivere”, al momento dove una volta sorgeva l’Al-Karama adesso è stato allestito un ospedale da campo, riciclando i paracaduti dei lanci di aiuti umanitari come tende.

Gaza Cola sembra riscuotere un discreto successo: l’attività è partita a inizio del 2024, e alla fine dell’anno scorso ne sono state vendute 500 mila lattine e sono disponibile online ad un prezzo 12 sterline per un pacco da 6 lattine e 30 sterline per quello da 24, e qualche Gaza Cola è già stata avvistata anche in Italia.