Dodici panificatori pugliesi sono stati denunciati perché impiegavano il colorante E153 nella produzione di pane, focaccia e bruschette al carbone vegetale vantandone le benefiche proprietà digestive.
Il reato contestato dal Corpo Forestale pugliese è di frode in commercio e produzione di alimenti trattati in modo da variarne la composizione naturale con aggiunta di additivi chimici non autorizzati.
Facciamo un passo indietro. Vi abbiamo già detto che per carbone vegetale s’intende la polvere nera, fine e porosa, prodotta industrialmente per distillazione del legno, che viene poi trattata con vapore o anidride carbonica a 800° C.
Da qualche tempo panettieri e pasticceri hanno preso a usare nel filoncino, nel panino da hamburger, nella pizza, nei biscotti, nel cornetto il carbone vegetale in polvere.
In pratica, oltre alle farine vere e proprie, aggiungono all’impasto questo pulviscolo scurissimo.
Nel caso dei fornai pugliesi (come in molti altri) il colore nero non era dovuto all’impiego di coloranti naturali come il nero di seppia, ma del famigerato E153.
Colorante dalla storia controversa: la Fda (l’agenzia americana che si occupa di sicurezza alimentare), temendo che contenga sostanze cancerogene come il benzopirene non ne ha mai consentito l’uso alimentare. Di opinione diversa è l’Efsa, equivalente europeo dell’Fda, secondo cui il colorante in dosi minime non ha effetti nocivi sulla nostra salute.
Poi c’è la legge in vigore in Italia, come al solito complessa. Tanto che una spiegazione chiara dei motivi che hanno portato alla denuncia dei dodici panificatori baresi va divisa in tre punti:
1. Si può realizzare un “prodotto della panetteria fine” che aggiunga agli ingredienti base (acqua, lievito e farina) anche il carbone vegetale come colorante e nelle quantità ammesse dalla regolamentazione europea in materia.
2. Non si può chiamare “pane” il prodotto di cui al punto 1, né riportare la dicitura “pane” nell’etichetta, nella presentazione o nel materiale pubblicitario, sia per i prodotti preconfezionati che per quelli sfusi.
3. Non si possono aggiungere nell’etichetta, presentazione o materiale pubblicitario del prodotto di cui al punto 1 informazioni riferite agli effetti benefici del carbone vegetale per l’organismo umano, visto l’impiego dello stesso soltanto come additivo colorante.
In definitiva, è improbabile che dosi minime di colorante aggiunte all’impasto del pane possano influire negativamente sulla salute del consumatore, ma il carbone attivo resta sconsigliabile per chi soffre di stitichezza, per chi assume altri farmaci durante la giornata, e in presenza di disturbi intestinali.
Inoltre, se si fa credere ai consumatori di aver prodotto il “pane nero” come quello che si faceva tempo fa, ricco di fibre e realizzato con la segale o altri cereali integrali, mentre lo si è semplicemente colorato con un addittivo, questa è una frode alimentare.
Cosa dice di noi questa ennesima frode alimentare italiana?
Probabilmente che quando andiamo dal fornaio chic o al supermercato dovremmo farci condizionare meno da mode e tendenze come quelle del black-bread.
Anche in ragione del prezzo al chilo, perché il pane nero al carbone vegetale andava a ruba nonostante costasse in media dai 6,50 agli 8 euro, contro i 3-4 €/Kg del pane di grano duro.
In pratica due volte tanto.
[Crediti | Link: L’Espresso Food & Wine, Dissapore]