Prima di tutto: perché dovreste conoscere i fratelli Mast?
Dagli sparuti articoli italiani sulle due icone newyorkesi (“capelli rossi, incarnato chiaro, lunghissime barbe”) di cui mezzo mondo parla per il più grande scandalo del cioccolato artigianale, le ragioni sono:
— La bottega artigiana di New York, ovvero “il regno del cioccolato“.
— Le barbe che ne fanno inevitabilmente degli “hipster“.
— L’arroganza ma pure la “cura, eleganza e sapienza” che Rick e Michael mettono nel trattare i migliori cacao del mondo“.
Tutte bugie.
Ecco cosa intendiamo con “il più grande scandalo del cioccolato artigianale”.
La mescolanza hipster e cibo da qualche anno fa faville. Aggiungete due bei manzi barbuti con biografia romanzesca che producono cioccolato in raffinati packaging nell’avamposto modaiolo di Williamsburg a Brooklyn, facendo pagare cifre folli per le loro tavolette.
Il capolavoro di marketing è fatto al 90 per cento.
Qualche info aggiuntiva: la progressione dei giovanotti rampanti che vendono le tavolette avvolte in raffinati incarti a 10 dollari l’una perché bean-to-bar (la definizione è importante, significa dalla fava di cacao alla tavoletta finita e lascia intendere una maggiore qualità visto il controllo dell’intera filiera produttiva) è stata impressionante.
Nel 2008 prima fabbrica a Brooklyn; nel 2011 ampliamento della fabbrica e apertura di nuovi punti vendita. Nel 2015, approdo in Europa con spettacolare apertura londinese. Tutto ciò condito da spacconate tipiche del repertorio: “Posso affermare che il nostro cioccolato ricavato da fave di cacao raccolte a mano è migliore del mondo”, aveva detto lo scorso febbraio Rick alla rivista Vanity Fair]
Adesso però sono in tanti ad accusare i fratelli Mast di avere finto. Il New York Times li paragona ai Milli Vanilli, il gruppo R&B degli anni Novanta che fingeva di cantare muovendo soltanto le lebbra. Finta la sapienza nel trattare il cacao, finti gli ingredienti delle tavolette, finte, forse, persino le barbe.
Tutto inizia con una una serie di articoli del sito dallasfood.org (“Quali bugie si nascondono dietro le barbe”), poi ripresi, ampliati e ben spiegati da qz.com.
Assaggiate le tavolette di cioccolato Mast i foodblogger del sito americano non trovano ciò che si aspettano: le sfumature sensoriali tipiche della fava lavorata, i sentori di tabacco e spezie, il granulo che si scioglie in bocca. Niente, in quelle tavolette non c’è nessuna caratteristica del migliore cioccolato artigianale. Solo “la tipica pastosità del prodotto industriale che invade la bocca”.
Il giudizio resta lo stesso dopo diverse prove: non si tratta di cioccolato ottenuto da fave di cacao.
E’ Larry Gober, uno chef dell’Oklahoma, che chiedendo in una email da dove arrivano le fave di cacao strappa a Rick Mast le prime ammissioni. Risposta paracula: “Ecuador, Venezuela, Santo Domingo, Madagascar, riceviamo anche pasta di cacao Valrhona, una nota azienda francese, da usare come base per nuovi esperimenti”.
Ora, utilizzare cioccolato da copertura Valrhona non significa sciogliere barrette da discount tenute insieme con l’olio di palma, anzi. Ma è pur sempre una menzogna: se usi del cioccolato industriale allora non parti dalle fave di cacao, mentre è su questo che hai costruito la tua reputazione.
E allora l’autenticità, l’ossessione per la qualità, l’impegno e la trasparenza citati durante i tour nella bottega di Williamsburg pagati dai fan adoranti 10 dollari a cranio? Soltanto una facciata.
Secondo Georg Bernardini, assaggiatore professionista di origini italiane autore di The Chocolate Bible, l’operazione dei fratelli Mast non è altro che una gigantesca e (finora) riuscita operazione di marketing. L’incarto delle tavolette è magnifico, la qualità del cioccolato trascurabile, l’origine del cacao, purtroppo, non indicata.
Da giorni la reputazione del cioccolato Mast sta precipitando sotto il tiro incrociato della stampa internazionale, la stessa che, guarda caso, aveva troppo facilmente assecondato e amplificato la grande truffa del cioccolato artigianale, tessendo lodi dei due fratelli, sono parole di Bernardini, “solo perché vestono come Amish e portano la barba lunga.”
AGGIORNAMENTO: Questa notte Rick Mast, costretto ad ammettere buona parte delle cose in precedenza negate, ha scritto una lunga difesa della Mast Brothers riassumibile così: siccome usavamo il metodo bean-to-bar per alcuni dei nostri prodotti, pensavamo di poterci definire produttori “dalla fava alla tavoletta”.
[Crediti | Link: Dissapore, New York Times, Guardian, Eater, Qz.com, Il mio libro, Vanity Fair, Nuok. Immagini: NYTimes, Guardian, Forbes]