Tutti abbiamo dei punti deboli, per carità. Prendiamo il nostro Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, paladino immacolato della sovranità alimentare che, nella sua scintillante armatura bianca come la neve, combatte i nemici della patria come la farina di grilli e il cibo coltivato (o “cibo Frankestein”, se preferite parlare il coldirettiano). A lui, a onore del vero, dobbiamo trovate radicalmente innovative e facilmente implementabili – tanto che viene da schiaffeggiarci la fonte ed esclamare “ma come non abbiamo fatto a pensarci prima?” – come l’istituzione di un disciplinare per i ristoranti italiani all’estero. Eppure anche questo cavaliere senza macchia pare avere un punto debole: la mancanza di tatto.
Francesco Lollobrigida e la domanda sulla tragedia di Cutro
L’episodio più recente è apparso durante uno spezzone del programma televisivo PiazzaPulita, in onda su La7 e poi ricondiviso da Selvaggia Lucarelli sul suo profilo di Instagram. Il nostro eroe – fatalmente sprovvisto di mantello bianco, notiamo: l’avrà lasciato in lavanderia? – viene approcciato da una giornalista che gli rivolge la seguente domanda: “Possibile che non abbiamo ancora delle risposte chiare su Cutro, ministro?”.
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Lollobrigida tiene lo sguardo basso, il volto stropicciato nella maschera stanca, affaticata di chi è impegnato a mettere in moto gli ingranaggi per formulare una risposta a modo. La giornalista, nel frattempo, rincara la dose: “Ancora non sappiamo niente sulla catena di comando…”
Eccolo, l’appiglio che il nostro eroe stava aspettando. L’ispirazione lo colpisce come un treno in piena: è il momento giusto per rispondere. “Le crea frustrazione, questo?” commenta sprezzante, evidentemente convinto di aver impartito l’ennesima lezione di retorica. Il tono è perentorio e un poco – ma giusto un poco – sfacciato.
“A me sì” ammette la giornalista “ma soprattutto ai morti“. Ogni tentativo di fare il suo lavoro, tuttavia, è destinato a spezzarsi sul muro di sdegno di Lollobrigida che, non contento, dedica alle telecamere un ghigno compiaciuto, vagamente arrogante: il ghigno di chi ha saputo anche oggi rendere pan per focaccia – focaccia rigorosamente italica, beninteso – una domanda da sinistronzi.
Non è la prima volta, dicevamo, che Lollobrigida sfoggia il suo tatto. Ricorderete quando, a pochi giorni dal suo insediamento al governo, sparò a zero sulla carne coltivata (o sintetica, o prodotta in laboratorio) definendola una “schifo”. Altra snocciolata perentoria e decisa, così convinta da demolire ogni possibilità di confronto, di dialogo, di risposta. “Fa schifo“, punto e basta; così come l’incompetenza che circonda la tragedia di Cutro – e che la giornalista, lecitamente, indaga – non merita altra risposta che una provocazione condita da un ghigno arrogante.
Il ghigno che compiace il gioco del tifo, potremmo dire. Ma noi, che tifosi non siamo, ci limitiamo ad aspettarci un briciolo in più di diplomazia, di tatto, di apertura ad accogliere idee e confronti da chi siede alle scrivanie da cui si muove il Paese. Un briciolo, per carità: non vorremmo pretendere troppo.