Su “La Stampa” di ieri c’era un gustosissimo articolo del critico d’arte Francesco Bonami.
Quel birichino di Francè in estrema sintesi diceva che la cucina ha preso il posto dell’arte.
Vi cito giusto un passaggio: “L’arte di rottura oggi è stata sostituita dalla culinaria, o l’arte del mangiare, o la gastronomia, dagli chef stellati, dai maestri del tiramisù rivisitato e decostruito.
I veri sperimentatori del gusto umano non sono più gli artisti nei loro studi, ma i cuochi nelle loro cucine.”
Vero, Francè, son d’accordo.
Vorrei solo rivendicare, in questa trasformazione, il ruolo di noi pornografi del gusto, noialtri che immancabilmente fotografiamo un piatto prima di mangiarlo, lo spammiamo a più non posso e –nei rari momenti tra un pasto e l’altro– passiamo il tempo sui social guardando i manicaretti degli altri.
Un ingrediente rilevantissimo del successo della gastronomia al giorno d’oggi è la pornografia gastronomica. E, personalmente, la difendo.
Intanto perché il problema grosso della pornografia tradizionale è che chi guarda non esercita: noi invece siamo osservanti-praticanti.
E poi perché è un enorme strumento di valorizzazione: se anche i teatri, gli auditorium, i musei si decidessero finalmente a consentire le fotografie, buon pro gli farebbe.
Per carità: è naturale che la Gioconda non è una Chiara Ferragni qualsiasi, ma non è che si consumi se la fotografi.
Che male c’è a divulgare la bellezza con ogni mezzo? Nessuno.
Poi, per carità, possiamo sindacare sul fatto che i cuochi, ormai smaliziatissimi, facciamo piatti più belli che buoni, preoccupandosi soprattutto del fatto che siano fotogenici.
Ma questa è un’altra questione.
E ne parleremo presto.