All’alba di questa rubrica –correva il 14 marzo 2017– mi occupai della questione Foodora, al tempo nel centro di un ciclone di polemiche perché poco paga e poco tutela i propri fattorini.
Ricorderete, fece molto scalpore una dichiarazione del management italiano della società di consegne che affermò: “non è un vero lavoro, è più un lavoretto”.
Quelli di Foodora diventarono i nemici pubblici numero uno, nonostante in Italia ci siano tanti altri operatori.
Bene: a quasi un anno e mezzo di distanza la questione è finalmente risolta.
Cioè: Foodora ha comunicato ieri che lascerà l’Italia. Così come non opererà più in Francia, Australia e Olanda perché sono “mercati troppo difficili”. Investirà invece in Germania (ma dai, chi se lo sarebbe mai aspettato).
Da ieri sera leggo numerosi commenti sui social che brindano alla fuga degli “sfruttatori”. Il tenore è: ah, ah, a noi italiani non la fate!
A me sembra non ci sia molto da rallegrarsi.
[Cosa sappiamo finora della protesta contro Foodora]
Capiamoci: io pure pensavo che quelle condizioni di lavoro fossero insostenibili. Ma la soluzione che auspicavo era che migliorassero le condizioni, non che sparisse il lavoro (o lavoretto). Così è come se i medici brindassero per un paziente che è morto: di certo non si ammalerà più.
Gli unici che possono a pieno titolo festeggiare sono gli altri operatori, che si potranno spartire mercato e fattorini rimasti a piedi. A quali condizioni, questo ancora non si sa.