Flavio Briatore apre un locale della sua catena Crazy Pizza a Roma, in via Vittorio Veneto: “Rilancerò la dolce vita”, dice. Crazy Pizza è un brand internazionale con due location a Londra, una a Monte Carlo e una aperta quest’anno a Porto Cervo, ma solo per la stagione estiva. Quella annunciata per gennaio sarà quindi la prima effettiva apertura italiana (cui seguiranno, annunciate sul sito, Doha in Qatar e Ryadh in Arabia Saudita, mentre lui stesso parla anche di Milano), e a Repubblica che gli chiede cosa ne è del suo proclama di non investire più in Italia, il patron del Billionaire risponde: “Quando uno ha una visione, un’idea così potente, alla fine può fare impresa anche qui (…) in Italia non esiste niente del genere”. Cioè non esistono pizzerie? Non esistono pizzerie che siano brand, che siano molto di più di una pizzeria, sostiene Briatore – contro ogni evidenza.
Secondo Briatore il “rilancio” di Roma avverrà grazie al suo locale, all’imminente arrivo del ristorante Nobu, all’apertura di hotel come Bulgari, Four Season, Soho House. E grazie al suo Twiga che aprirà a maggio: 4 milioni di investimenti complessivi, un fatturato atteso di 6 milioni per il Twiga e 2,5 per Crazy Pizza. L’imprenditore annuncia 120 assunzioni, un open day per reclutare i “giovani” da 22 a 35 anni che “devono lavorare e non stare a casa con il reddito di cittadinanza”, stipendi medi di 2000 euro al mese. Gli altri Crazy Pizza sono stati a volte al centro di polemiche per i prezzi alti (a Montecarlo una margherita costa “solo” 15 euro, replica Briatore), e per la qualità del prodotto. Quel che è certo, è che qualche mese fa si era parlato di una perdita di 4 milioni di euro, anche se pure in quel caso era arrivata la precisazione di Briatore.
I pizzaioli non saranno napoletani, “non sta scritto da nessuna parte” sottolinea piccato l’imprenditore, anche perché la pizza non è in stile napoletano, e ci sta. Ma qual è allora la sua particolarità? “Noi abbiamo pensato di fare una pizzeria chic, branché (…) la pizza è un prodotto importante, ma è presentata in modo cheap, noi gli abbiamo creato intorno un environment diverso”. Che dire allora, in bocca al lupo. Anzi, in the ass of the whale.