Filippo La Mantia ha annunciato che dal 1 marzo chiuderà il ristorante al Mercato Centrale di Milano, quello aperto solamente un anno fa. Lo chef ha giustificato la sua decisione sostenendo che il problema sia da ricercarsi in una carenza del personale: la brigata completa per il ristorante che sorge nell’ala destra della Stazione Centrale di Milano è formata da quindici persone, ma adesso sono rimasti in sette.
Perché Filippo La Mantia chiude il ristorante al Mercato Centrale di Milano?
La Mantia ha ribadito più volte che questa non è una chiusura definitiva, bensì una semplice sospensione fino a data da destinarsi. O meglio: fino a quando non avrà riformulato il format. Lo chef ha spiegato che perché un ristorante vada avanti non bastano successo e carisma, serve anche il personale. Già lo scorso anno lo chef si era lamentato di non riuscire a trovare il personale necessario in quanto i ventenni non volevano lavorare fino a tarda notte.
Secondo La Mantia il ristorante del Mercato Centrale lavorava tanto, la domanda era alta e il locale era sempre pieno. Il problema, per lui, è la carenza di personale: in sette stanno coprendo i turni di quindici persone, da qui la decisione di interrompere momentaneamente il servizio per evitare di arrivare alla fine con l’affanno.
La pausa servirà a lui e a Umberto Montano, l’imprenditore che si è occupato di aprire diversi Mercati Centrali qua e là nelle stazioni italiane, per capire come riorganizzare il format. L’idea base sarebbe quella di creare un format dove sia possibile impiegare meno personale.
La Mantia ha poi spiegato che, ad oggi, la ristorazione è cambiata. Ora basta che manchino quelle due o tre figure focali ed ecco che il servizio non è più agli standard richiesti da lui. Lo chef sottolinea poi che, pur se severo, lui paga bene, sin dai primi livelli. Solo che adesso a Milano ci sono molte più aperture e la fascia di personale under 30 cambia spesso lavoro, con preavviso minimo di 20 giorni.
Solo che per un ristorante come il suo 20 giorni sono pochi per riuscire a ricostruire una brigata, visto anche che spesso i dipendenti se ne vanno in gruppi. Quando deve aprire un nuovo ristorante, solitamente parte a fare i colloqui con tre mesi di anticipo. Ma quando i collaboratori se ne vanno con i 20 giorni di preavviso, ecco che questo lasso di tempo è troppo ridotto in questo settore per poter sostituire adeguatamente il personale.
Nel ristorante alla Stazione Centrale, la brigata completa era di quindici persone, fra cucina, sala, contabilità e accoglienza. Adesso però sono rimasti i sette, con tre camerieri in sala, mentre in cucina c’è lui, due cuochi e un solo pasticcere. Così non riesce ad andare avanti, anche perché lui vuole continuare a essere un Oste, quindi vuole sia cucinare che ricevere gli ospiti in sala.
Un altro problema che lo ha condotto a decidere per questa interruzione è derivante dalla pandemia. La chiusura forzata di un anno e mezzo ha provocato l’inevitabile perdita di persone fidate: con queste aveva un ottimo rapporto, solo che la cassa integrazione non è stata sufficiente per trattenerle. Dunque da qui la decisione dello stop, visto anche che non ha finanziatori alle spalle che possano sostenerlo.