Un nuovo fertilizzante “bio e green”, ottenuto a partire dagli scarti della stessa filiera alimentare – in particolare da quelli prodotti dai batteri lattici tradizionalmente eliminati durante i processi di depurazione. Si tratta di uno scenario di economia circolare da manuale e, soprattutto, di una solida realtà: basti chiedere ai ricercatori dell’Università Cattolica, campus di Piacenza, che l’hanno messo a punto dimostrando come sia possibile utilizzare in maniera virtuosa gli scarti della produzione industriali per ottenere biostimolanti agricoli. Ma facciamo un passo alla volta: che diavolo sono ‘sti batteri lattici?
Di fertilizzanti, scarti e batteri
“I batteri lattici si producono a uso alimentare e nutraceutico, per produrre cibi, bevande e probiotici” spiega Pier Sandro Cocconcelli, professore di Microbiologia degli Alimenti presso la Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica. “Normalmente gli scarti dei terreni di coltura utilizzati nella produzione dei batteri lattici vengono smaltiti in impianti di depurazione; si tratta di diverse migliaia di tonnellate di scarti prodotti ogni anno in Italia”. Questi microrganismi, tradizionalmente coinvolti – come suggerisce il nome, d’altronde – nella produzione di alimenti come formaggi, latti fermentati e insaccati, sono di fatto in grado di fare origine a un gran numero di prodotti di interesse per il settore agroalimentare e industriale.
L’approccio del gruppo di studio, poi pubblicato sulla rivista scientifica Land, rappresenta una valida risorsa in un panorama agroalimentare dominato da una forte incertezza: non è certo un segreto, dopotutto, che l’imperversare delle ostilità tra Russia e Ucraina abbia scosso il mercato internazionale determinando, tra le altre cose, un incremento da record del prezzo delle materie prime regolarmente utilizzate in agricoltura, come per l’appunto i fertilizzanti. “In questo scenario diventano fondamentali gli approcci di economia circolare” commenta a tal proposito il professor Cocconcelli “volti a valorizzare scarti industriali minimizzando gli sprechi e riducendo la dipendenza da input esterni”.
I ricercatori hanno preso in esame una coltivazione in serra di pomodoro e lattuga e dimostrato come l’utilizzo degli scarti in questione permettesse di ridurre del 30% la quantità di fertilizzanti chimici senza andare a ridurre la produzione complessiva. “Approfondite analisi di carattere chimico, microbiologico ed ecotossicologico hanno escluso qualsiasi impatto negativo sull’ambiente e sul suolo” ha aggiunto il professor Edoardo Puglisi “evidenziando anzi effetti di promozione dei microrganismi utili alla crescita ed alla difesa della pianta”.
Il suolo, già – altro tassello incrinato di un mosaico decadente che pare chiedere disperatamente un intervento di innovazione radicale. In questo senso, soluzioni come quella proposta dai ricercatori della Cattolica passano da importanti scoperte scientifiche a concreti mattoncini su cui potenzialmente costruire un futuro.