Se come noi, anche voi siete persone con un numero preoccupante di barbe dall’aspetto “a pube”, i lobi divaricati, una quantità imprecisata di felpe con il cappuccio, che prediligono l’atmosfera chiassosa e il buonumore collettivo, insomma, se aderite perfettamente al ritratto del birrofilo appassionato, e di conseguenza mettete le belghe sopra ogni cosa, anche voi, dicevo, sarete preda dello sconforto nell’apprendere che i cambiamenti climatici mettono a rischio la produzione di uno dei produttori artigianali più importanti, l’amato birrificio Cantillon di Bruxelles.
Dove la produzione di lambic e geuze, fermentate naturalmente grazie all’aria particolarmente umida e ricca di batteri della città, roba da far impallidire un laboratorio, è al momento ferma a causa delle inattese, calde temperature autunnali.
Di solito da Cantillon, che vi abbiamo spesso raccontato, la produzione delle lambic parte alla fine di ottobre; invece, ha dovuto subire tre stop a causa della temperatura troppo lontana dagli standard.
La brasserie produce ogni anno, artigianalmente, circa 400,000 bottiglie e riceve 10,000 visitatori beverini, molti anche dall’Italia, affascinati dai laboratori artigianali completamente visitabili e dalle cantine in cui regna un perenne odore acidulo.
Van Roy, nome leggendario e pronipote di Cantillon senior, è sconcertato:
“La temperatura ideale è tra i 3 e gli 8 gradi, l’anno scorso la produzione non è iniziata fino a novembre, ma non avevo altra scelta”.
Le birre lambic vengono fermentate in botti di legno; dall’unione di lambic di diverse annate si ottengono le birre geuze. La presentazione è molto raffinata: vengono imbottigliate in bottiglie da champagne a causa dell’anidride carbonica che contengono.
La lambic è inoltre la base per la produzione di un’altra famosa birra belga, la Krieke, quella dal gusto ciliegia. Vere delizie per intenditori che, a quanto pare, la natura vuole ridimensionare, se non proprio cancellare.
Non ci riuscirà.
[Crediti | Link: Guardian, Dissapore]