Torniamo a parlare di una vicenda di cronaca sulla quale ci eravamo soffermati un po’ di tempo fa. Se ricordate, un ragazzo di Faenza aveva ucciso il patrigno dandogli da mangiare una pasta al salmone avvelenata. Adesso è arrivata la sentenza: il ragazzo è stato condannato a 30 anni di carcere.
Il suo nome è Alessandro Leon Asoli, ha 20 anni e il 15 aprile 2021 a Ceretolo di Casalecchio uccise il patrigno Lorendo Grimandi, 57 anni, cucinandogli e servendogli un piatto di pasta al salmone avvelenato.
Da allora il processo è andato avanti e l’altra sera la Corte di assise di Bologna si è pronunciata: 30 anni di carcere contro l’ergastolo che aveva chiesto la procura.
All’epoca il ragazzo aveva provato a uccidere anche la madre, Monica Marchioni. Anche a lei aveva servito un piatto di pasta avvelenata, ma la donna si era salvata perché aveva mangiato pochi bocconi a causa dello strano gusto di quella pasta. L’omicida aveva aggiunto al piatto del nitrito di sodio in modo da uccidere la madre e il compagno.
Oltre ai 30 anni di carcere, la Corte ha anche stabilito che, al termine della pena, dovrà trascorrere tre anni in libertà vigilata. Inoltre dovrà dare un risarcimento danni di 500mila euro alla madre del patrigno e 750 mila euro di provvisionale alla madre.
L’imputato non ha partecipato all’udienza, ma il padre, Davide Asoli, era presente (si è seduto vicino all’avvocato difensore, ma il giudice gli ha fatto notare che non poteva stare lì in quanto non era il suo poto): per lui il figlio è innocente. La difesa non ha però avuto successo nella sua arringa: secondo i difensori del ragazzo, infatti, sarebbe stata la madre depressa ad avvelenare il compagno, parlando anche di un suicidio-omicidio che avrebbe dovuto coinvolgere anche il figlio.
Per l’imputato, infatti, era stata la madre ad aggiungere il veleno al piatto da lui cucinato. Tuttavia la PM ha sottolineato che l’imputato era un “bugiardo e manipolatore, mosso dall’ossessione per l’eredità”.