Non guardateci così. Vero, un pochino maliziosi lo siamo, ma l’impressione è che l’ultimo piatto proposto da Fabio Verrelli D’amico un po’ birbantello lo voglia essere. Chiaro, il nome proposto dallo chef potrebbe essere un semplice esercizio di minimalismo descrittivo: se metto della pasta in un piatto e lo chiamo “piatto di pasta”, perché non posso mettere della lingua in una patata e chiamarlo “lingua nella patata”? E se è foodporn togliamo.
Forse se avete pensato male un po’ maliziosi lo siete pure voi: ve l’abbiamo detto, Verrelli D’amico voleva solamente descrivere il piatto nella maniera più diretta e concreta possibile, elencandone i principi essenziali senza fronzoli e abbellimenti. Essenzialismo gastronomico, per l’appunto. Scherzi a parte, non possiamo garantirvi che la lingua nella patata diventerà parte integrante del menu della sua neostellata Mater1apr1ma, ma di certo questo assaggio di creatività (condito da un poco di sana, lucida provocazione) fa presagire un futuro decisamente interessante. E no, stavolta senza malizia.