Vendetela all’estero, se deve accadere, ma non alle Coop. Queste, in poche parole, erano le ultime volontà di Bernardo Caprotti, fondatore di Esselunga, passato a miglior vita nemmeno un anno fa.
“E’ troppo pesante condurla –scriveva Caprotti nel suo testamento–, pesantissimo possederla. Occorre trovarle una collocazione internazionale”.
Sarà anche per questo che i cinesi di Yida International Investment, colosso nel settore dell’immobiliare e dell’energia, si sono fatti avanti per comprare la catena di supermercati milanese con un’offerta miliardaria, ovvero 7 miliardi e mezzo di euro.
Un’offerta generosa, considerato che lo scorso settembre l’impresa di Caprotti era stata valutata tra i 4 e i 6 miliardi di euro, e sulla quale gli eredi non si sono al momento ancora espressi.
Anche perché tra di loro non c’è uniformità di vedute.
Al momento, la sorte di Esselunga è divisa tra le intenzioni degli eredi: da un lato Marina Caprotti, che con la madre Giuliana Albera è erede del 70% dell’attività e che, contrariamente alle volontà del padre, vorrebbe continuare a gestire l’attività di famiglia, forte dei quasi 8 miliardi di fatturato realizzati lo scorso anno, e delle recenti aperture romane.
Dall’altro, i restanti due figli, Giuseppe e Violetta, nati dal primo matrimonio di Caprotti, che sarebbero di parere diverso.
Intanto, la proposta è sul piatto, e i 7 miliardi e mezzo offerti dal gruppo cinese potrebbero rappresentare un buon compromesso per tutti gli eredi.
In questo caso, la lunga catena di attività italiane acquisite da gruppi stranieri, che va da Asashi/Birra Peroni, a Unilever/Grom, passando per molte altre, si incrementerebbe di un notevole asset in più, questa volta a favore dei cinesi.
Che se oltre all’Inter e al Milan di Berlusconi riusciranno a portarsi a casa la seconda catena di supermercati nazionale, potranno veramente dire di aver trovato, in Italia e in particolare a Milano, il loro paese dei Bengodi.
[Crediti | Link: Repubblica]