“La sua scrittura era abbagliante e senza paura, la sua intelligenza sempre accompagnata dalla compassione”.
Con queste parole Martin Ivens, direttore del Sunday Times ha commentato ieri la scomparsa di A.A. Gill, critico gastronomico, volto tv, nonché una delle firme più brillanti del giornalismo britannico.
Gill si è spento all’età di 62 anni a causa di un cancro che non gli ha lasciato scampo, come lui stesso aveva annunciato tre settimane fa aprendo la rubrica dedicata ai ristoranti che teneva proprio sull’edizione domenicale del Times di Londra.
“Non ho una lista dei rimpianti. Non mi sento scippato di nulla. Mi sarebbe piaciuto andare a Timbuctù, così come ci sono luoghi che mi dispiace non poter più rivedere. Ma in realtà, considerando la natura della mia vita e ciò che mi è accaduto negli anni della giovinezza –cioè la mia dipendenza dall’alcol– penso di essere stato fortunato: alla fine sono riuscito a trovare qualcosa che ho poi potuto fare. Qualcuno a quel tempo mi disse: “Perché non guardi la TV, mangi del buon cibo, viaggi e poi scrivi di queste cose?”. E infatti, è stata un’ottima idea”.
Arguto, dalla scrittura tagliente, Gill era considerato dai suoi stessi colleghi “un gigante tra i giornalisti”, le cui recensioni, per quanto caustiche e spietate, non sconfinavano mai in uno stile dal facile consenso.
“Quello che ho sempre cercato –diceva Gill– è la scintilla della relazioni umane in ogni cosa”.
Oggi il Sunday Times pubblicherà il suo ultimo pezzo per il giornale, in cui Gill parla della malattia e saluta i molti ammiratori nonché coloro che lo detestavano per le critiche feroci anche se mai fini a se stesse.
Tomorrow: AA Gill on coming to terms with his mortalityhttps://t.co/ESWbmuEWOV @eleanormills pic.twitter.com/xywhMagwoK
— SundayTimesMagazine (@TheSTMagazine) 10 dicembre 2016
Gill veniva da un passato travagliato. A trent’anni era uscito dalla piaga dell’alcolismo anche grazie al giornalismo, scrivendo il suo primo pezzo per la rivista Tatler da una clinica dove si stava disintossicando. E diventando in seguito padre devoto e marito di Nicola Formby, sua compagna da 25 anni, che i lettori affezionati delle recensioni di Gill conoscono come “La Bionda”.
Dissacrante e diretto, il critico gastronomico aveva anche collezionato, nella sua lunga carriera, qualcosa come 62 denunce a causa degli articoli caustici e immediati.
Alcuni dei quali vengono ricordati oggi nel bel necrologio del Guardian, che si è anche preso la briga di raccogliere le sagaci riflessioni, le frasi celebri di Adrian Anthony Gill.
Chi fosse interessato a conoscere meglio lo stile del Gill critico gastronomico può leggere Table Talk, uno dei suoi libri più famosi. Molto consigliato anche Poor Me: A life, il suo libro di memorie del 2015.
Ci mancherai moltissimo A.A. Gill.
[Crediti | Link: Guardian, Dissapore]