Mettiamoci l’animo in pace: l’uso di insetti vivi nelle diete degli animali da allevamento è stato ormai ufficialmente sdoganato. A deciderlo è stata l’UE che, però, ha lasciato agli Stati Membri il compito di dettare le regole. Al che è lecito chiedersi cosa abbia deciso l’Italia in merito, visto e considerato le, chiamiamole così, “ristrettezze di vedute” in merito ad argomenti quali i nuovi cibi.
Come ci finiranno gli insetti nelle diete degli animali da allevamento?
Tutto inizia cinque anni fa, era il 2017, la pandemia non era che un canovaccio di trama abusato in film di fantascienza e del granchio blu in pochi sapevano qualcosa (solo che ne pescava qualcuno ogni tanto). All’epoca la Direzione Generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari parlava dell’uso di proteine animali trasformate (se vi piacciono gli acronimi è Pat) di insetto negli animali da allevamento.
La Direzione aveva definito gli insetti come una “fonte proteica di elevato valore biologico, alternativa alle altre proteine di origine animale nei mangimi”. Adesso, invece, si fa un ulteriore passo avanti e si parla di insetti vivi, quindi uova, larve, crisalidi, pupe e adulti e di insetti trasformati, quindi quelli disidratati, congelati, surgelati ed essiccati.
Giustamente si potrebbe contestare il fatto che negli alimenti per animali gli insetti fossero già presenti. Il che è vero: le proteine di insetto nell’alimentazione di animali da compagnia, negli animali da pelliccia e negli altri animali non allevati per la produzione di alimentari, era già consentito. Così su due piedi mi viene in mente almeno un mangime per cani allergici, monoproteico e a base di insetti.
Il tutto è possibile perché a queste categorie di animali non si applica il feedban del 2001 introdotto per la BSE e le encefalopatie spongiformi nei ruminanti. Questo fa sì che si possano usare anche insetti vivi o trasformati per quelle categorie di animali in quanto si tratta di specie non destinate ad essere mangiate dall’uomo.
La vera novità, adesso, sta nel fatto che l’UE ha deciso di permettere agli Stati Membri di usare gli insetti vivi e quelli trasformati anche negli animali da allevamento. Facendo un po’ come Ponzio Pilato però: gli Stati Membri possono farlo, ma devono stabilirsi da sé le regole. Come a dire: noi vi diamo la possibilità di farlo, poi decidete voi se e come farlo che non vogliamo sentire filippiche e lamentele a non finire del calibro “Eh, la dittatura entomologica”.
Dunque cosa ne facciamo di questi insetti in Italia? Ebbene, il Ministero della Salute ha stabilito che:
- gli insetti vivi non sono assoggettati al regolamento CE 1069/2009 in quanto non rientrano nella categoria dei sottoprodotti di origine animale. Il che vuol dire che l’alimentazione degli animali d’allevamento può utilizzare tali insetti, ma che persiste comunque il divieto di somministrarli ai ruminanti
- per gli insetti trattati, invece, sono assoggettati al suddetto regolamento in quanto sono considerati sottoprodotti di categoria 3. Questo vuol dire che questi sottoprodotti possono essere inseriti nella razione di animali da allevamento diversi dagli animali pelliccia solo se hanno subito un processo di trasformazione con uno dei metodi consentiti dal regolamento UE 142/2011
- infine grassi e oli derivati da insetti non subiscono gli effetti del feedban, motivo per cui si possono usare anche negli animali d’allevamento
Ovviamente non è che i produttori di mangimi andranno in giro con i retini ad acchiappare tutti gli insetti che rientrano nel loro campo visivo. Fermo restando che gli insetti vivi potranno essere usati solamente per nutrire polli, maiali e pesci d’acquacoltura, ecco che ci sono solamente alcune specie che si possono usare:
- mosca soldato nera (Hermetia illucens)
- mosca comune (Musca domestica)
- tenebrione mugnaio (Tenebrio molitor)
- alfitobio (Alphitobius diaperinus)
- grillo domestico (Acheta domesticus)
- grillo tropicale (Gryllodes sigillatus)
- grillo silente (Gryllus assimilis),
- baco da seta (Bombyx mori)