Dinner Club di Carlo Cracco continua a ricevere recensioni tiepide

Le luci dei riflettori non sono mai state così tiepide: la terza stagione di Dinner Club con Carlo Cracco non convince. Ma perché?

Dinner Club di Carlo Cracco continua a ricevere recensioni tiepide

Pare che caricare su di un camper Carlo Cracco, Christian De Sica, Rocco Papaleo ed Emanuela Fanelli e spedirlo giù per l’Appia Antica per una più o meno vaga “missione cibo” non sia la formula di successo che ci si potrebbe aspettare. La terza stagione di Dinner Club, in altre parole, non convince.

Quattro episodi, tre ospiti (più altri tre, tra veterani delle edizioni precedenti e imbucati a cena: Antonio Albanese, Sabrina Ferilli e Corrado Guzzanti), cinquecento chilometri di strada. Uno solo l’obiettivo dichirato: un viaggio per lo Stivale con il cibo come strumento per conversare, per scoprire, per ridere. Ma tutto questo, a onore del vero, lo si sapeva già. Cos’è che non ha funzionato?

“Per fortuna ha un altro lavoro”

carlo cracco roma

Sono luci tiepide, quelle che illuminano il terzo capitolo del diario di viaggio con Carlo Cracco & adepti del gusto: c’è chi ne ha più o meno apprezzato la leggerezza e chi, invece, lo ha demolito. In primis fu Aldo Grasso del Corriere della Sera. Nella sua recensione si leggono frasi dure come selce: spreco di tralenti; Cracco che pare giullare e dovrebbe tornare in cucina (gli chef in tv: punto, questo, che a Grasso risulta particolarmente indigesto); programma privo di spirito, di inventiva, di sagacia.

La lettura proposta da Antonio Dipollina per La Repubblica è forse meno ficcante, ma comunque pruriginosa quanto basta. Una frase su tutte legge come una sentenza: “Carlo Cracco per sua fortuna ha un altro lavoro, e anche ben messo”. Come dicevamo: forse meno severità, ma altrettanto – se non più – eloquente.

Similarmente alla recensione di Grasso torna il tema del potenziale sprecato: “È appena ovvio che con questo cast e un regista appena decente verrebbe fuori la commedia del secolo” si legge, “ma oggi è assai più facile portare a casa altri risultati e con meno fatica”. Ma c’è un “ma”, per fortuna (del programma).

Dipollina apprezza il mask off, il momento in cui il programma evade le sue evidenti norme operative e finisce in quel sano cazzeggio che ci si potrebbe aspettare da una produzione del genere. “I vip dimostrano che loro a Masterchef finirebbero eliminati subito”, scrive Dipollina. E meno male, aggiunge poi: libertà per la comicità. C’è anche spazio “per le velleità comiche di Cracco, che rifila giochi di parole agghiaccianti e barzellette di mezzo secolo fa”. Per fortuna ha un altro lavoro, no?