Dietro il pollo fritto di KFC: i maltrattamenti negli allevamenti di Verona

L'associazione Essere Animali ha indagato sulle condizioni di un allevamento di polli di Verona, fornitore di KFC, e le immagini sono scioccanti.

Dietro il pollo fritto di KFC: i maltrattamenti negli allevamenti di Verona

Continuano le investigazioni e le denunce dell’associazione Essere Animali sulle condizioni degli animali negli allevamenti che fanno parte della filiera di approvvigionamento di GDO e fast food. Dopo aver portato all’attenzione pubblica il sostanziale disinteresse delle multinazionali alimentari presenti sul nostri territorio nei confronti del benessere dei polli in allevamento, e aver evidenziato come il 90% delle carni avicole vendute nei supermercati LIDL sia evidentemente affetta da problemi qualitativi dovuti agli elevati tassi di crescita, ora viene chiamato in causa un marchio che della carne di pollo ha fatto il suo simbolo: KFC, la nota catena di fast food famosa proprio per il suo pollo fritto e per la “ricetta segreta” del suo fondatore e mascotte, il colonnello Sanders.

Ed è proprio su questo punto che Brenda Ferretti, campaign manager di Essere Animali, non le manda a dire: “KFC si vanta da sempre dell’originalità della sua ricetta del pollo fritto, ma le immagini che diffondiamo oggi mostrano un ingrediente che è rimasto per troppo tempo segreto: la sofferenza dei polli. KFC Italia è infatti tra le aziende a non avere ancora sottoscritto lo European Chicken Commitment (ECC), una serie di criteri minimi di benessere animale che puntano a ridurre la sofferenza dei polli attraverso l’adozione di specifiche politiche aziendali. Tra queste, quella di evitare l’utilizzo di razze selezionate geneticamente per ottenere una crescita eccessivamente rapida e, per questo motivo, più soggette a un’elevata incidenza di problemi muscolari, scheletrici e cardiovascolari, com’è evidente dalle immagini raccolte.”

Le immagini raccolte dagli allevamenti intensivi veronesi

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Le evidenze fotografiche a corredo del comunicato sono state prodotte in quattro allevamenti di polli di un fornitore di KFC della provincia di Verona, e lasciano veramente poco spazio all’immaginazione: le condizioni sono pessime, e le problematiche sono dovute tanto alla selezione genetica quanto ai metodi stessi di allevamento intensivo. Gli animali raggiungono il peso di macellazione in appena quaranta giorni, ormai ormai incapaci di muoversi per via del peso eccessivo del petto, di deformazioni e di patologie, come infiammazioni e lesioni a tibia e metatarso. Anche le mangiatoie, troppo strette, diventano fonte di sofferenza, con centinaia di esemplari che rimangono incastrati riportando gravi ferite o morendo intrappolati.

I video girati mostrano assenza di piume nell’area ano-genitale e del petto, e bruciature sulle zampe, a causa del continuo contatto con la lettiera carica di deiezioni e quindi di ammoniaca, una sostanza irritante per la pelle, e la presenza di numerose carcasse, anche in avanzato stato di decomposizione: una seria problematica per la biosicurezza che può portare alla trasmissione di patogeni in allevamento, anche tramite cannibalismo. Alcuni cadaveri vengono raccolti in secchi che sono poi abbandonati per giorni all’esterno del capannone e non dentro una cella frigorifera, come previsto dalla normativa.

Ferretti ribadisce la sua posizione nei confronti del gigante americano del pollo fritto, chiedendo che si adegui agli standard già adottati da molti altri soggetti in diversi stati: “È ora che KFC faccia di più e si unisca alle oltre 300 aziende in tutta Europa ad aver già aderito all’ECC, come ha già fatto in diversi Paesi tra cui Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Svezia, Regno Unito e Irlanda.”