La dieta Pianeterranea è, in soldoni, una Dieta Mediterranea ma declinata sull’intero pianeta e a KM zero, ed è apparentemente in grado di ridurre del 50% il rischio di infarto e ictus e del 30% la possibilità di contrarre il diabete. È stata proposta sulle pagine della rivista scientifica Nature dalla Cattedra UNESCO di Educazione alla Salute e allo Sviluppo Sostenibile dell’Università Federico II di Napoli, e si basa sul semplice concetto di “esportare” i capisaldi della Dieta Mediterranea al di fuori dei confini naturali del cosiddetto Mare Nostrum e farli arrivare anche nel resto del mondo.
La Mediterranea è, dopotutto, l’unica dieta ad aver dimostrato in un’ottica strettamente scientifica una serie di effetti positivi nella prevenzione di numerose patologie pericolose: perché dunque non applicare i principi che di fatto si trovano alla sua base esportandoli in misura globale? La dieta Pianeterranea potrà così comprendere anche i cibi del Sud-Est asiatico o dell’America Latina, preparati in base ai vegetali e alle risorse agroalimentari locali, e andrà così a definire nuove piramidi alimentari declinate secondo gli usi e le colture del posto. L’unica “regola”, per così dire, è quella di attenersi ai principi della Dieta Mediterranea: mantenere un rateo principalmente vegetale con un apporto adeguato di grassi mono e polinsaturi, consumando in quantità moderate pesce, latticini e carne.