Si chiama Delivery responsabile e, in poche parole, è una sorta di premio riservato alle aziende che si impegnano a tutelare i diritti, la salute e la sicurezza dei propri rider. Introdotto in Toscana, il marchio etico sarà affidato alle imprese che hanno deciso di aderire al Protocollo sottoscritto con i sindacati di rappresentanza e con le stesse autorità regionali; e rappresenta pertanto un’intesa “complessiva e organica per la tutela effettiva dei diritti” dei centauri delle consegne. Ora, l’iniziativa è – e qui ci teniamo a fugare ogni dubbio – senz’altro lodevole e perfino virtuosa, ma a un’analisi un poco attenta, che evita di farsi abbagliare da un alone di ottimismo, è inevitabile che emerga un problema scomodo e al contempo sotto gli occhi di tutti: il rispetto dei diritti dei lavoratori dovrebbe essere la normalità.
Fattorini su ruote e tutela dei diritti
Ci teniamo a ripeterlo per chi si era seduto in fondo e non aveva sentito bene la prima volta – l’iniziativa è bella, è lodevole, è condivisibile. Definirla “giusta”, tuttavia, ci pare un po’ sbagliato – non perché abbia segretamente intenzioni maliziose, ma più semplicemente perché in un contesto “giusto” di premi come questi non dovrebbe essercene bisogno. La categoria dei rider, d’altronde, è da diverso tempo al centro di un universo composto da proteste, scioperi e zone d’ombra legislative; con le grandi aziende che sguazzano nelle ambiguità della burocrazia per evitare di sottoscrivere contratti di lavoro da dipendenti.
In certi Paesi europei, come la Spagna, i centauri del delivery sono già più tutelati: pensiamo a quanto accaduto una manciata di mesi fa, quando il ministero del lavoro spagnolo multò Glovo per 79 milioni di euro per non aver assunto i rider come dipendenti effettivi.
L’introduzione di marchi etici come il Delivery responsabile contribuisce a mantenere un alone di eccezione, di singolarità, di particolare virtuosismo per quelle aziende che rispettano i diritti dei lavoratori quando questo dovrebbe essere l’assoluta normalità: insomma, con le dovute proporzioni sarebbe come premiare il capo ogni volta che questo versa lo stipendio ai dipendenti.
“Spesso i rider sono al centro di situazioni nelle quali c’è sfruttamento del lavoro, ci sono condizioni di grande pericolosità e di stress” ha riconosciuto a tal proposito Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana. “Il marchio etico è un elemento di garanzia per la cittadinanza: segnala che vi sono imprese che trattano i rider con il dovuto rispetto dei diritti dei lavoratori e accresce la fiducia verso quel servizio offerto da chi ha firmato il protocollo sottoscritto un anno fa”.
Interessante, facendo ancora riferimento alle parole di Giani, una sua dichiarazione che coinvolge direttamente anche i consumatori: “Il marchio etico è un elemento di garanzia per la cittadinanza” ha spiegato, “per coloro che si servono dell’opportunità del servizio di cibo a domicilio”. Una lettura interessante: la palla, ora, è nel campo dei consumatori. Sapete quali sono le aziende che perlomeno trattano i rider con i dovuti diritti: a voi la scelta.