A dirlo è stata una sentenza del Tribunale di Milano: per il giudice Nicola Di Leo non ci sono dubbi, Deliveroo e Uber Eats Italy dovranno versare all’Inps i contributi per i rider. E questo perché il lavoro di consegna cibo a domicilio è equiparabile a un lavoro subordinato. Si prospettano tempi difficili per i due colossi del food delivery: ancora non è stato stabilito con precisione un importo, ma si ipotizza che si parli di decine di milioni di euro.
Deliveroo e Uber dovranno versare milioni di euro all’Inps
In realtà la Sezione Lavoro del Tribunale di Milano ha sentenziato in due cause differenti che Deliveroo Italy e Uber Eats Italy dovranno rassegnarsi a pagare gli arretrati. E per Deliveroo si parla degli anni dal 2016 al 2020, per Uber (che nel frattempo ha abbandonato il mercato italiano) degli anni dal 2020 al 2021.
A dire il vero le due cause erano state intentate dalle due aziende di food delivery contro l’Inps. Forti di alcuni verbali amministrativi che avevano impugnato, ecco che le due aziende avevano provato a procedere in tribunale contro l’Inps. Ma cosa c’era scritto in quei verbali? Qui si parlava delle posizioni di migliaia e migliaia di rider che dovevano essere regolarizzate.
In pratica da lavoratori autonomi dovevano passare ad essere considerati come coordinati continuativi, il che voleva dirgli fornirgli tutte le garanzie dei subordinati. All’epoca la Procura stabilì che, per quanto riguardava l’aspetto penale della faccenda, si dovessero versare delle ammende. Ma ecco che adesso il giudice del lavoro si è allineato a quanto stabilito dalla Procura e dall’Ispettorato del Lavoro, ribadendo che quei rider avevano lavorato come dei collaboratori coordinati continuativi, in base a quanto stabilito dal secondo articolo del Jobs Act.
Di fatto Deliveroo e Uber Eats hanno perso le cause che essi stessi avevano intentato contro l’Inps.
Così, secondo il giudice del Tribunale di Milano, ecco che i rider che hanno lavorato per Deliveroo dal gennaio 2016 al 31 ottobre 2020 si applica il concetto di lavoro subordinato, il che vuol dire che il datore di lavoro, in questo caso Deliveroo, deve versare contributi, interessi e sanzioni per quanto riguarda l’Inps e premi nei rapporti per quanto riguarda l’Inail.
E questo vale per l’orario di lavoro svolto dai singoli collaboratori, per ognuno di essi bisognerà calcolarlo basandosi sul Login e Logout dalla piattaforma per ogni giorno lavorativo. Una volta calcolato ciò, bisognerà versare nella Gestione Dipendenti le aliquote contributive relative al lavoro subordinato.
Più o meno la stessa cosa stabilisce anche la sentenza per quanto riguarda Uber, anche se qui i calcoli dovranno essere fatti per un periodo più ridotto. E adesso tocca all’Inps mettersi al lavoro: per ognuno dei migliaia di rider che hanno collaborato con Deliveroo e Uber durante quegli anni, bisognerà calcolare esattamente il numero di ore lavorate, per ricavarne poi i contributi che le aziende dovranno versare.
Ma cosa ne pensano Deliveroo e Uber Eats? Beh, Deliveroo ha fatto sapere che la sentenza si basa su un “modello vecchio e un sistema di lavoro dismesso che non esiste più”. E sottolinea che questa non è una decisione definitiva, bensì un giudizio di primo grado a cui faranno appello.
Più o meno sulla stessa linea è anche Uber, il quale annuncia che faranno appello nelle sedi competenti in quanto i fatti presi in considerazione dalle indagini non si possono applicare a Uber Eats e si riferiscono a modelli operativi della concorrenza diversi dai loro.
E la storia continua.