Un “moltiplicatore di valore condiviso in grado di esercitare una leva trasformativa nella società”: così viene definita dal Politecnico di Milano l’operazione attuata al Ristorante Del Cambio, storico indirizzo torinese nonché uno dei più storici ristoranti d’Italia.
Un luogo che ristorava già i Torinesi nel 1757, anno di fondazione del ristorante di Piazza Carignano: ora come allora, il Del Cambio è rimasto uno dei luoghi del cuore della Torino bene, che qui – come già faceva il Conte di Cavour – amano mangiare circondati da stucchi e ori. Ma non è sempre stato così: come spesso accade ai luoghi storici, il Ristorante Del Cambio è stato oggetto, nei decenni, di fortune che definire alterne è già un eufemismo. Abbandonato, bistrattato, utilizzato alla stregua di un qualunque locale turistico, oggetto di speculazioni più o meno velate. Fino all’avvento, cinque anni fa, del progetto dell’imprenditore Michele Denegri, che si è messo in testa di portare avanti quello che anche noi avevamo definito “Il nuovo Risorgimento di Torino”, riportando il Del Cambio all’antico splendore. Denegri la mente, mentre il braccio della rinascita del ristorante dei ristoranti torinesi venne immediatamente individuato in Matteo Baronetto, un fortunato figliol prodigo di ritorno in Piemonte dopo le esperienze con Gualtiero Marchesi e Carlo Cracco.
Ora, tra una proposta eccellente e trovate promozionali (dalla scatola per creare un menu self made alle cene per gli under 35) quel Risorgimento sembra definitivamente arrivato, e non solo per il ristorante. Una ricerca Tiresia della School of Management del Politecnico di Milano, guidata dal professor Mario Calderini, illustra come il progetto si è trasformato in un motore di redditività a livello cittadino. “Un valore per la comunità”, secondo l’82% degli intervistati, con un preciso “ruolo nel turismo gastronomico”. Un luogo a cui l’84% dei clienti dichiara di essere “emotivamente legato” e che il 94% dei dipendenti ritiene uno spazio “di crescita professionale”.
[Fonte: Ansa]