The writing was on the wall, direbbero i nostri colleghi d’Oltremanica. Insomma, in un certo senso già si sapeva: la filiera della carne coltivata italiana è morta prima di riuscire a muovere i primi passi, cedendo di fatto la sua fetta di mercato al resto del mondo. In altre parole, il divieto di produzione e importazione della carne coltivata è stato approvato in maniera definitiva dal Senato: 93 voti a favore, 28 contrati e 33 astenuti – una vittoria schiacciante che si presenta clamorosamente miope all’appuntamento con le esigenze ambientali ed etiche di un sistema alimentare disperatamente affamato di innovazione.
La carne coltivata è messa al bando: le parole di Lollobrigida
La zappa sui piedi, l’inciampo sull’ideologia, il tagliarsi i cosiddetti per fare un dispetto alla moglie – tracciate un po’ voi i paralleli che preferite, il nocciolo della questione è che l’Italia, Paese che ama compiacersi e specchiarsi flettendo il proprio muscolo gastronomico, si è presentata in ritardo (anzi, non si è presentata affatto) a uno degli appuntamenti più importanti del futuro prossimo. Chiaro, in un certo senso ci siamo già abituati: basti pensare a quanto è capitato con gli insetti.
L’introduzione di una fonte di proteine alternativa è stata sfruttata per esacerbare il dibattito, per alimentare il noi contro voi, per partecipare al gioco del tifo: poco importa dell’obiettivo di ridurre la dipendenza dalle materie prime da mangimi e fertilizzanti, della cosiddetta sostenibilità alimentare, bella parola piena di vento scomodata a ogni virgola e mai rispettata. L’importante è avere un nemico acefalo e tendenzialmente sinistronzo da piazzare come nemico della tradizione italica.
Ma torniamo a noi – il divieto della carne coltivata, per l’appunto. La notizia è naturalmente stata accolta con grande entusiasmo dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, valoroso paladino della sovranità alimentare, che nel corso degli ultimi mesi ha portato con coraggio – e torbide dichiarazioni – il vessillo dell’opposizione. La messa al bando è, stando alle parole di Lollobrigida, un provvedimento “che ci pone all’avanguardia nel mondo”.
Evidentemente se si sta a testa in giù il sotto diventa il sopra, il ritardatario diventa il primo della classe, il rinunciare a una filiera come la carne coltivata è segno di avanguardia. “Siamo il primo Paese a vietare la commercializzazione, importazione e produzione di cibo sintetico” si legge poi su un post social dello stesso Lollobrigida. È tutto vero – il primo e l’unico. Nessuno, al momento, ci tiene compagnia sulla banchina ferroviaria mentre osserviamo il treno allontanarsi.
E il treno, sia chiaro, esiste. Dall’altra parte dell’Oceano Atlantico è già realtà, e prima o poi lo sarà anche nel Vecchio Continente. Wolfgang Gelbmann, senior scientific officer dell’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, non ha dubbi a riguardo: la carne coltivata “prima o poi entrerà anche nel mercato alimentare dell’Ue”.