Diciamoci la verità: di numeri e promesse, quando si parla di un qualcosa di solenne ma al contempo impalpabile come salvare il pianeta, ne abbiamo visti tanti. Parole come sostenibilità viaggiano di bocca in bocca e vengono riportate fedelmente dai media di settore, solo per poi rivelarsi piene di vento e prive di concretezza. Il risultato? Situazioni paradossali come quella verificatasi qualche mese fa al COP27, dove lo sponsor principale – la Coca Cola – è anche stato eletto principale produttore di plastica al mondo. L’ultima grande azienda a presentarsi sul banco delle promesse è Danone, recentemente trascinata in tribunale dagli ambientalisti per la sua negligenza ambientale: il colosso lattiero caseario ha dichiarato in sede ufficiale che punta a ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030 collaborando con agricoltori, altre aziende ed enti governativi. La domanda è una sola: si tratta di greenwashing o fanno sul serio?
Un taglio alle emissioni: il piano di Danone
Non è un segreto che le emissioni siano state identificate come una delle principali minacce per l’ambiente e come uno dei protagonisti assoluti del cambiamento climatico: di recente diversi governi hanno tentato, ad esempio, di tamponare il problema indirizzando i propri sforzi contro gli allevamenti intensivi, indiziati numeri uno quando si parla di danni ambientali. In Olanda il governo ha proposto loro un ultimatum – o vi innovate, oppure vi compriamo e vi facciamo chiudere -; mentre in Nuova Zelanda si è arrivati a tassare direttamente le attività con quella che è passata alla storia come la “tassa sui rutti”.
Il piano di Danone è di lanciare quattro nuove iniziative in Africa, Europa e StatiUniticon l’obiettivo di ridurre nettamente le emissioni. Contemporaneamente, il colosso d’Oltralpe ha dichiarato di avere avviato una partnership con l’organizzazione a stelle e strisce Environmental Defense Fund e collaborando con il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti e il progetto Climate Neutral Farms finanziato dalla Commissione europea per raggiungere il proprio obiettivo.
“In Belgio e Spagna, ad esempio, stiamo esaminando una varietà di diverse opzioni di letame” ha commentato Chris Adamo, vicepresidente della sezione di agricola rigenerativa di Danone. “Abbiamo scoperto che, ad esempio, con una tecnica che consiste in un semplice approccio differente nella gestione del letame, che permette di rimuovere le parti liquide lasciando solamente quelle solide, si può ottenere una riduzione del 25-35% del metano prodotto”.
E i costi? Difficile dare una stima concreta, a quanto pare. “I costi sono praticamente sconosciuti” ha ammesso Adamo. “Si tratta di tecnologie nuovissime, occorre aspettare qualche tempo per testarle in maniera estensiva”. A oggi, la produzione lattiero-casearia legata all’industria dei bovini rappresenta circa l’8% delle emissioni totali di metano causate dall’uomo: Danone ha assicurato che, nei tempi a venire, si occuperà di riferire il livello delle proprie emissioni, commentando eventuali progressi o fallimenti.