Lo ammettiamo – “crisi” è, con ogni probabilità, un termine un po’ troppo forte. D’altro canto, è tuttavia bene riconoscere che nascondere la testa sottoterra, convincendosi – e convincendo – che non sia e non stia succedendo nulla di diverso dal solito sarebbe un comportamento ingenuo e, forse più banalmente, pericolosamente cocciuto: i dati, in altre parole, sono tanti e parlano chiaro – nel mondo si compra (e si beve, che le due cose vanno spesso e volentieri mano nella mano) sempre meno vino.
Un paio di esempi dal nostro ampio paniere di casi riportati – nei primi nove mesi del 2023 il vino dei nostri cugini d’Oltralpe ha subito una contrazione dell’8,7% e dalle parti di Bordeaux si parla di estirpare migliaia di ettari di vigneti; mentre dalle parti del nostro primo partner commerciale – gli Stati Uniti – si beve sempre meno e a tratti non si beve affatto. Per avere ancora più chiara la situazione complessiva, però, può essere utile dare un’occhiata ai dati che prendono in esame l’intero globo terracqueo: ebbene, stando a quanto riportato dall’Oemv – Observatorio Español del Mercado del Vino, il mercato mondiale di vino ha perso ben 802 milioni di euro.
Numeri, cause ed effetti: un’occhiata alla crisi del vino
Tradotto in percentuale si tratta di una contrazione del 2,1% in termini di valore su base annua fino a settembre 2023; ma è bene notare che tali dati si trascinano dietro anche una ben più notevole diminuzione dell’export (-7,2%) che, per la prima volta dall’ormai lontano 2014, si arena al di sotto dei dieci miliardi di litri (9,9, a essere ben precisi).
A puntellare la performance in valore, i nostri lettori l’avranno già intuito, ha contribuito anche e soprattutto l‘aumento dei prezzi (+5,4%, con la media mondiale che si attesta con un aumento di diciotto centesimi); ma l’andamento annuale rivela comunque crolli impietosi nei mesi di agosto agosto (-12,5%) e, soprattutto, settembre (-17%) 2023 – due mesi che hanno visto anche i picchi peggiori in termini di volume (circa 15% per entrambi, con solo marzo che ha fatto registrare una timida crescita del 2.5%).
Vale la pena notare, in chiusura, che in termini di valore il primo posto del podio degli esportatori spetta alla Francia (in crescita di appena lo 0,7%, percentuale ampiamente gonfiata dai prezzi medi ben più alti degli altri Paesi); seguita dall’Italia a 7,7 miliardi (-0,5%) e la Spagna, ancora più indietro a 2,9 miliardi (-3,1%). I protagonisti rimangono gli stessi anche quando si parla di spumanti, ma in questo contesto è interessante notare come in termini di volumi il nostro Stivale, nonostante la posizione di leader assoluto (500 milioni), abbia comunque subito una perdita del 3,1%.
Segni rossi un po’ dappertutto – sia per quanto concerne i consumi che le vendite, dicevamo; e se i primi possono essere figli di tendenze che premiano uno stile di vita più salutare le seconde sono inevitabilmente derivanti dalla congiuntura economica nettamente negativa dell’ultimo biennio. Costo della vita in aumento, inflazione galoppante, stipendi stagnanti: l’acquisto di vino non può che passare da felice concessione a lusso trascurabile.