Nel corso del 2021 ben 200 milioni di persone si sono trovate a dover fare i conti con la fame. La parola (o meglio, il numero) chiave, in questo contesto, è ‘2021’: se le persone colpite dall’imperversare di una crisi alimentare su scala globale sono così alte, occorre rendersi conto che, purtroppo, il loro numero è destinato a salire.
L’allarme è contenuto nel rapporto annuale redatto dalle Nazioni Unite insieme ad altri membri della Rete Globale contro le Crisi Alimentari, che di fatto sottolinea come i numeri elencati in precedenza siano la diretta conseguenza delle impennate ai prezzi e al tasso d’inflazione causate dall’azione combinata della pandemia da Covid (e anche, chiaramente, dalle sue conseguenze) e dal continuo susseguirsi di condizioni climatiche estreme. Il cosiddetto elefante nella stanza, in questo caso, è il più recente scoppio del conflitto in Ucraina, che di fatto – secondo un’accusa dello stesso Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite – ha esacerbato l’emergenza alimentare.
Se infatti il 2021 ha sottolineato come 193 milioni di persone in 53 Paesi/territori stiano facendo i conti con una grave insicurezza alimentare (in aumento di quasi 40 milioni di persone dal 2020), i primi mesi del 2022 preannunciano un ulteriore peggioramento dei dati. I Paesi che già stavano in equilibrio sull’orlo della carestia, infatti, “sono particolarmente vulnerabili ai rischi creati dalla situazione nell’Europa orientale, in particolare a causa della loro elevata dipendenza dalle importazioni di prodotti alimentari e agricoli e per la vulnerabilità agli shock dei prezzi alimentari”. Di fronte a ciò, “è necessaria un’azione umanitaria urgente su vasta scala”.