Torino, o almeno la Torino della ristorazione, è in subbuglio: cosa succede al Ristorante Del Cambio? La stella Michelin più brillante della città, quella che con il fondamentale aiuto di Matteo Baronetto è riuscita a splendere in un luogo meravigliosamente sabaudo, fatto di ori e storicità come nessun altro. pare essere in crisi. Quella stella che – l’unica insieme a Condividere – poteva sperare di raggiungere un raddoppio, dando alla città quel due stelle Michelin in cui molti sperano da anni, puntando tutto proprio su Matteo Baronetto (che il peso di quelle speranze, probabilmente, lo ha sentito tutto).
Matteo Baronetto oggi non vuole ancora parlare. Non è il momento, dice. La voce è tranquilla, di chi ha tutto chiaro in mente. O di chi, come lui, è abituato a guardare le cose dall’alto, stupendosi anche di noi giornalisti che continuiamo a scrivere di cose di cui lui, lo chef del Ristorante, non ha in fondo mai parlato. Quelle cose sono la fine del suo rapporto con Del Cambio. Come avevamo anticipato qualche tempo fa, quel che è certo è che il tempo di Matteo Baronetto al Ristorante Del Cambio è finito. Ed è certamente un peccato. Perché qualsiasi sia la strada che l’uno (lo chef) e l’altro (il ristorante) prenderanno per il futuro ci vorrà tempo prima che ingrani. Ed è un peccato perché in fondo quel matrimonio, tra il ristorante più storico della città e lo chef ex allievo prodigio di Carlo Cracco, ci aveva dato speranza in una Torino dell’alta ristorazione che presto si presenterà alla The World’s 50 Best Restaurants presumibilmente con una stella in meno.
Cosa sappiamo (e cosa dice Matteo Baronetto)?
A parte questo, la verità è che sappiamo molto poco. Voci che si inseguono da tempo, e poi un post social di Baronetto che dà l’idea che lui sia altrove, con nuovi progetti. E La Stampa, che oggi anticipa che il Ristorante Del Cambio resterà in mano al sous chef Diego Giglio, mentre Baronetto continuerà con altri progetti, ma sempre legati alla famiglia Denegri, che del ristorante ha la proprietà.
Lo chef, però, non sembra molto convinto. Tace, non conferma, non smentisce. Resta sul vago, e lascia che siano gli altri (noi compresi) ad azzuffarsi sulle ceneri di questa storia della ristorazione, almeno finché non avrà voglia di parlare.
“Quello che è sicuro, è che abbiamo chiuso un cerchio”, si limita a dire, sibillino. “Sono passati dieci anni, e tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati li abbiamo raggiunti”. E ora, però? Il nuovo progetto sarà davvero in continuità con quello precedente? “Eh, certo – ride. Io non è che cambio mestiere”.
Staremo a vedere.