Cosa sta venendo fatto per il benessere animale? La CIA prova a fare chiarezza

Qualcosa per il benessere degli animali negli allevamenti sta venendo fatto. Non è ancora abbastanza, ma la Confederazione Italiana Agricoltori prova a spiegarlo.

Cosa sta venendo fatto per il benessere animale? La CIA prova a fare chiarezza

Mai come in questo periodo storico il benessere degli animali negli allevamenti è stato al centro del dibattito. Reportage come quelli diffusi da Essere Animali, o l’opera di Giulia Innocenzi e Paolo d’Ambrosi, il film “Food for Profit”, non si sono risparmiati dettagli cruenti, ma purtroppo veri al cento per cento, di pratiche illegali ma diffuse, dando ai consumatori una nuova consapevolezza e turbando anche i carnivori più incalliti.

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Una situazione inaccettabile e su cui pesa la noncuranza di tutta la filiera produttiva, e non solo in Italia ma in tutta Europa. C’è comunque chi rivendica la bontà dell’operato di chi lavora seguendo le regole e ci tiene a fare chiarezza su cosa l’industria dell’allevamento stia facendo per migliorare su questi temi, come Angela Garofalo, responsabile dell’ufficio zootecnia e fauna selvatica della Confederazione Italiana Agricoltori che, raggiunta da Agrinext, si toglie qualche sassolino dalla scarpa.

Cosa si sta facendo per il benessere animale

Allevamento intensivo polli

Quello del benessere animale non è certo un concetto nuovo, spiega Garofalo: “questo tema ha iniziato a emergere negli anni Cinquanta con l’introduzione del concetto delle “cinque libertà“: libertà dalla fame, dalla sete e dalla cattiva nutrizione, libertà di esprimere comportamenti specie-specifici, libertà dal dolore, dalle ferite e dalle malattie. L’allevatore è direttamente interessato a garantire il miglior benessere agli animali, poiché ciò ha un impatto positivo anche sulla salute e sulla produttività degli stessi”.

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Sul tema degli antibiotici, la responsabile CIA vuole essere chiara: “l’obiettivo è ridurre del 50% l’uso di antibiotici entro il 2030. Oggi, grazie a un utilizzo più consapevole dei farmaci, il consumo di antibiotici in zootecnia è diminuito di oltre il 30% negli ultimi dieci anni”. Un utilizzo più consapevole che passa anche attraverso sistemi come la ricetta elettronica veterinaria, che monitora ogni somministrazione di farmaco e mantiene le dosi al di sotto dei quantitativi giornalieri consentiti per kilo di carne.

Garofalo sembra quindi ottimista, ma sull’argomento c’è ancora molto da fare. Stando a quanto riportato da Il Fatto Alimentare a fine 2023,  dopo un inizio incoraggiante, il graduale processo di riduzione dell’utilizzo di antibiotici ha subito un rallentamento, con milligrammi per PCU (unità di misura standardizzata delle popolazioni di animali da allevamento) che qualificano l’Italia al terzo posto tra le peggiori d’Europa, dietro solo a Cipro e Polonia, e a fronte di questi dati l’obiettivo del dimezzarne l’utilizzo entro il 2030 sembra parecchio difficile.

È comunque evidente che un sforzo nella giusta direzione stia venendo fatto, e anche l’adesione ai nuovi sistemi di gestione è stata, secondo Garofalo, alta nonostante le prevedibili difficoltà di implementazione, burocratiche e tecniche. In tutto questo, a tutelare il consumatore sarà il nuovo sistema di certificazione SQNBA (Sistema di Qualità Nazionale Benessere Animale), che identificherà sullo scaffale i prodotti che rispettano determinati standard di allevamento, come ad esempio il “bovino allevato all’aperto”.