Il ritrovamento di un’anfora effettuato durante gli scavi in corso sul Monte Sant’Angelo di Licata potrebbe fornire interessanti dettagli sull’alimentazione degli abitanti dell’antica Finziade. Un’occasione unica, vista l’eccezionale quantità e l’ottimo stato di conservazione dei campioni, che svelano un notevole numero di pesci di piccole dimensioni, che saranno oggetto di studi approfonditi da parte del team capitanato dalla paleobotanica Erika Zane e dell’archeozoologa Ester Vaga.
Sarà l’occasione per dare uno sguardo nella vita quotidiana di questo insediamento greco risalente al 282 a.C., come previsto dallo stesso “Finziade Project”, sostenuto dal Parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento in convenzione con il Cnr di Catania e diretto dagli archeologi Alessio Toscano Raffa per il Cnr-Ispc Catania, e Maria Concetta Parello, con il coordinamento logistico di Rosario Callea, del Parco della Valle dei Templi.
La conserva di pesce
Siamo in uno dei siti archeologici più importanti della Sicilia, in un’area lunga circa otto kilometri dove sono già stati riportati alla luce edifici residenziali, botteghe artigianali e una serie di strutture pubbliche, tra cui un complesso termale e un tempio dedicato alle divinità greche, e l’anfora è stata recuperata tra le mura di quella che si crede essere un’abitazione privata. Al suo interno, lische di pesce vecchie di duemilatrecento anni, le cui analisi forniranno molte informazioni sulle tecniche di conservazione antiche.
Una lavorazione che farebbe pensare alla produzione di garum o liquamen, salse diffusissime all’epoca ottenute dalla fermentazione di piccoli pesci in salamoia, interiora comprese. Due insaporitori di carattere, il garum filtrato e più limpido e raffinato, il liquamen più torbido ed economico. Un’altra ipotesi altrettanto valida è che si trattasse di un’anfora che conteneva pesce sotto sale, e saranno le analisi archeozoologiche e chimiche a determinarlo.