A causa della pandemia da Coronavirus, come ampiamente previsto in precedenza, il costo delle mense scolastiche è aumentato del 25% per le famiglie. Il che significa che mentre prima un pasto si pagava 4,80 euro, adesso costa 6 euro. A dare la notizia è stato Massimiliano Fabbro, presidente di Anir Confindustria, che all’Agi ha spiegato cosa stia accadendo.
Uno dei motivi dell’aumento dei costi dei pasti delle mense scolastiche è che i contratti fra le aziende della ristorazione e il Comune (che è il committente quando si parla di mense scolastiche) sono pluriennali e quindi sono stati siglati prima dell’inizio della pandemia. Ciò vuol dire che risalgono tutti al 2019 o prima, quando il bacino di utenza era più ampio (in molte scuole, infatti, il servizio mensa non è ripartito) e quando non c’erano tutte le nuove norme da seguire anti Covid-19.
Quello che è accaduto è che parecchie scuole hanno o diminuito o cancellato la mensa, con la conseguenza che le aziende della ristorazione si sono ritrovate, di punto in bianco, a dover preparare meno pasti, ma sostenendo gli stessi costi di un anno fa. Quindi per riuscire a rientrare nel budget, hanno dovuto aumentare i prezzi.
Fabbro ha spiegato che il servizio mensa si basa su due voci fondamentali:
- il personale
- le materie prime
I lavoratori influiscono sul 60% del prezzo finale: anche se diminuisce l’utenza, il numero dei lavoratori si riduce di poco, quindi per rimanere non andare in perdita ecco che il prezzo del pasto aumenta. E se fosse passato il lunchbox obbligatorio, i costi sarebbero aumentati del 30%: le aziende avrebbero dovuto acquistare apparecchi appositi per la sigillatura e il packaging e questi costi aggiuntivi si sarebbero inevitabilmente riversati sul consumatore finale, cioè le famiglie.
Secondo Fabbro, per evitare questi rincari, sono i Comuni che dovrebbero farsi carico dell’aumento. I soldi risparmiati durante il lockdown potrebbero coprire gli aumenti e anche gli aggiuntivi esborsi per la sanificazione. In seconda battuta, poi, bisogna rinegoziare i contratti tenendo conto delle limitazioni e dai danni causati dalla pandemia. E sottolinea che è inutile che le famiglie se la prendano con le scuole: queste non hanno le capacità economiche per risolvere un problema che, fra l’altro, non è di loro competenza.