Il Coronavirus ha messo in crisi anche il settore delle mense: scendono i ricavi e aumenta il costo dei pasti che potrebbe finire per pesare sulle tasche delle famiglie. Considerate che a marzo e aprile, durante il lockdown, il settore della ristorazione collettiva ha perso il 66,8% dei ricavi: scuole chiuse, aziende con le serrande abbassate e le misure di protezione degli anziani nella Rsa hanno bloccato le mense.
A questo bisogna aggiungere che, una volta finito il lockdown, il settore delle mense si è trovato ad avere un aumento dei costi di gestione del 20-30% a causa delle misure di sanificazione richieste per rispettare le norme anti diffusione Coronavirus.
Tutto ciò potrebbe far aumentare il costo dei pasti a scuola: dalla media di 4,80 euro di adesso si potrebbe facilmente passare a 6 euro, con rincari che potrebbero facilmente ricadere sulle famiglie.
Franco Bruschi di Oricon ha spiegato che i servizi mensa, per via delle regole anti-Covid-19, dovranno organizzare più turni nei refettori, pulire e igienizzare i tavoli e le sedie fra un turno e l’altro e garantire servizi nelle aule. Tutto ciò si traduce con un numero maggiore di ore lavorative e più spese.
Non si capisce ancora bene, però, chi debba pagare tutti questi costi aggiuntivi. Se da una parte c’è chi tuona che non debbano ricadere sulle famiglie (o sui clienti se si parla di attività commerciali), è anche ovvio che non possono essere le aziende a dover assorbire questi costi maggiori.
Se non si trovasse un accordo, ecco che il costo medio di un pasto nelle mense delle scuole potrebbe passare da 4,80 euro a 6 euro, quindi quasi 25 euro in più al mese per le famiglie.
Ma non è finita qui: perché se è vero che le scuole sono ripartite e che il servizio di ristorazione negli ospedali per i degenti continua a funzionare, non succede altrettanto per i servizi di caffetteria e le mense dei dipendenti nei nosocomi. E che dire delle aziende? Qui lo smart working, oltre ad aver abbattuto i ricavi di bar e locali, ha ridotto anche quelli delle mense.