La Fipe torna a lanciare l’allarme per quanto riguarda i Caffè storici: a causa delle chiusure e della crisi economica provocata dall’epidemia da Coronavirus, è a rischio un patrimonio storico. Fra le attività che hanno sofferto maggiormente a causa della pandemia ci sono tutti i Caffè nati a cavallo fra il XVIII e il XX secolo, un po’ lungo tutta l’Italia. Si tratta di luoghi storici dove artisti, intellettuali e politici si sono seduti scrivendo parti della storia italiana recente.
Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio, ha spiegato che a Roma, Venezia, Firenze e Napoli (solo per citare alcune città), a causa della diminuzione del turismo, queste attività sono in ginocchio. Tuttavia bisogna fare qualcosa per evitare questa situazione: non si parla soltanto di locali, ma di veri e propri monumenti, una sorta di patrimonio materiale e immateriale che va difeso.
Per questo motivo bisogna creare un fondo apposito per sostenere i Caffè storici, con tando di fiscalità dedicata per abbattere i costi della tassazione locale, fra cui Tari e suolo pubblico e della tassazione nazionale. Per questo tipo di attività, infatti, i danni provocati dalla crisi crescono esponenzialmente anche a causa degli alti costi i gestione.
Marco Valenza, titolare Paszkowski e Caffè Gilli, storici locali del centro di Firenze, ha ribadito che i suoi due caffè hanno perso l’80% del fatturato. La loro clientela, infatti, è sempre stata composta da turisti che, al momento, non possono spostarsi.
Quello che però rende insostenibile questa crisi, non è tanto il calo del fatturato, quanto i costi da sostenere: da una parte c’è la responsabilità di 95 dipendenti e relative famiglie, dall’altra affitti e altre utenze.
Ad aggravare il quadro c’è il fatto che la maggior aprte dei Caffè storici dipende dal ministero dei Beni culturali: per ogni tipo di intervento è necessario avere il nulla osta della Soprintendenza. Solo che, paradossalmente, tutta la manutenzione ordinaria e straordinaria spetta sempre ai gestori. Anche quando si è deciso di abbassare l’Imu su questo tipo di edifici, a beneficiarne sono stati solo i proprietari che vivono di rendita, non certo gli affittuari che li valorizzano col loro lavoro.
Problemi analoghi sono stati segnalati anche da Massimiliano Rosati del Gran Caffè Gambrinus di Napoli e da Raffaele Alajmo del Caffè Quadri di piazza San Marco a Venezia. Anche loro sottolineano un punto fondamentale: come si potrà rendere sostenibile il loro modello di business se non si riescono ad abbattere costi fissi e vincoli?