Arriva dall’Italia una ricerca volta a far ritrovare più velocemente l’olfatto e il gusto persi a causa del Coronavirus. Come? Annusando fontina, caffè e agrumi fra l’altro.
Fra i sintomi principali e perduranti della Covid-19 ci sono l’anosmia (perdita di olfatto) e l’ageusia (perdita del gusto), così come ribadito anche dal professor Roberto Burioni. Ma ecco che una ricerca partita dall’ospedale di Fano (PU) e ora attiva in tutta Italia, tramite odori tipici della tradizione culinaria italiana e l’uso di terapie anti-neuroinfiammatorie promette di far recuperare più velocemente olfatto e gusto.
Lo studio in questione è ancora in corso d’opera, ma i primi risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica European Review for Medical and Pharmacological Sciences. Tutto era cominciato lo scorso novembre quando Arianna Di Stadio, professoressa di Neuroscienze presso l’Università di Perugia e ricercatore onorario per il Dipartimento Neuroscienze Queen Square Neurology Ucl di Londra e il suo staff avevano cominciato a testare uno sniff-test, una specie di fisioterapia riabilitativa per l’olfatto e un alimento medico a base di PeaLut capace di ripristinare le disfunzioni del sistema nervoso centrale.
Nelle Marche era stato messo a punto il protocollo sperimentale. Inizialmente erano stati coinvolti un centinaio di pazienti volontari: il requisito era di presentare anosmia ancora 3-4 mesi dopo essersi negativizzati al tampone. Successivamente ecco che anche l’ospedale San Giovanni di Roma, il Policlinico universitario Federico II di Napoli, l’Humanitas di Milano, l’ospedale universitario di Genova, il Careggi di Firenze, l’ospedale universitario di Trieste e gli ospedali universitari di Sassari e Catania.
Ma come funziona il tutto? A spiegarlo è la stessa professoressa Di Stadio che, all’Adnkronos, ha svelato i retroscena dello studio. Tutto parte dalla considerazione che l’anosmia provocata dall’infezione da Sars Cov-2 derivi da un’alterazione del sistema nervoso centrale. Il Coronavirus, infatti, può provocare neuroinfiammazione encefalica e a carico dei nervi cranici, con perdita totale o parziale dell’olfatto. Il rischio è che, quando la struttura si atrofizza, l’anosmia diventi definitiva.
Lo studio ha suddiviso i pazienti in due gruppi. In entrambi veniva applicato lo sniff-test, ma solamente a uno veniva somministrato il PeaLut (palmitoiletanolamide co-ultramicronizzata con luteolina). Si tratta di un farmaco anti-neuroinfiammatorio e antiossidante, potenzialmente capace di riparare il danno neurologico. Si è così visto che i pazienti che avevano assunto il PeaLut, aveva avuto un recupero del 100% in più.
Ma la cosa veramente intrigante è lo sniff-test. In pratica i pazienti hanno dovuto annusare coppie di odori abbinati:
- agrumi e pesca
- caffè e cioccolato
- fontina e parmigiano
La sniffata doveva durare pochi secondi ed essere ripetuta 3-4 volte al giorno. Sono stati scelti odori tipici italiani in quanto la memoria olfattiva è fondamentale per la riabilitazione. Lo scopo era quello di ripristinare l’olfatto e stimolare la capacità di differenziare odori diversi.
I primi dati sono incoraggianti. Pazienti con anosmia live-moderata, trattati con riabilitazione olfattiva e PeaLut hanno recuperato quasi del tutto la caapcità olfattiva in circa un mese. Pazienti con anosmia grave, in un mese hanno iniziato a migliorare, ma per loro il recupero totale è previsto in 3-6 mesi.
Un altro studio, invece, realizzato dalla Ohio State University, stava testando l’uso di caramelle per valutare la possibile perdita di olfatto.