La psicosi da Coronavirus continua a fare danni: a Milano un ristorante cinese è stato costretto a chiudere per il calo dei clienti. Simon Hu, 27 anni, gestore del ristorante, ha ammesso a malincuore che da inizio febbraio ha dovuto chiudere i battenti: sono passati da 120 coperti il sabato sera a 18.
In queste condizioni gli era letteralmente impossibile pagare i dipendenti, motivo per cui ha deciso per una chiusura temporanea. La sua speranza, infatti, è che questa psicosi che ha letteralmente svuotato la Chinatown milanese, passi in modo da poter riaprire la sua attività. E ricorda che il calo del fatturato per le attività commerciali del settore è stato di -70-/80%.
Tutto ciò nonostante lui ribadisca che i prodotti usati nel suo ristorante siano tutti di rigorosa provenienza italiana. Simon parla di un clima invivibile: la sua colpa è di essere nato in Cina e di avere gli occhi a mandorla. E ricorda un fatto spiacevole accaduto al ristorante: due ragazzi gli hanno chiesto se la loro cucina fosse con o senza virus. Non è certo l’unico episodio del genere: a Siena una ragazza cinese è stata insultata e aggredita verbalmente da altri clienti.
Per tutti questi motivi Simon è arrivato anche a cercare di non tossire in pubblico: ha paura di scatenare il panico. Poi il ragazzo sottolinea un fatto: sembra quasi che si vogliano isolare i cinesi, non il virus.
Simon ha affisso alla porta d’ingresso del ristorante un cartello dove spiega che il locale è rammaricato di quanto stia succedendo nel mondo e di questa diffusione di falsi miti sui ristoranti cinesi. Ribadisce, poi, che nonostante le materie prime usate siano fresche e di origine locale, è costretto a chiudere per un periodo di tempo non identificato.