Per la serie “Se non puoi sconfiggerlo, allora mangialo!” (se per caso diventasse il loro slogan vogliamo i diritti d’autore), ecco che in Veneto è nata la Confraternita del Granchio Blu. Che no, non è uno spin-off a base di crostacei della Confraternita del Pugnale Nero di J.R. Ward, bensì trattasi di una nuova realtà nata a Boccafossa. Frutto dell’unione della confraternita del Bisat del Livenza e della confraternita del Folpo di Noventa Padovana, ecco che il suo scopo è quello di incentivare la pesca e il consumo di questa specie invasiva. Come? Beh, creando delle ricette semplici che abbiano come protagonista proprio il Callinectes Sapidus. Perché la soluzione contro questo predatore è sempre stata lì, davanti ai nostri occhi: è la gastronomia.
Granchio blu come ingrediente? Un déjà vu
L’antefatto: un po’ a tutti i livelli ci si sta mobilitando per cercare di fermare la proliferazione del granchio blu, giunto a colonizzare i nostri mari partendo dall’America. Il problema è che si tratta di una specie invasiva che sta disintegrando l’ecosistema delle acque italiane. Oltre a causare danni alle attrezzature dei pescatori (anche dalla Sardegna è arrivato un appello in tal senso), ecco che si nutrono di vongole e altri molluschi, riducendo così il pescato.
I pescatori, sempre più allarmati, hanno chiesto un aiuto celere e concreto a Francesco Lollobrigida, il quale aveva affermato che era necessario trasformare una criticità in un’opportunità. Visto che c’è consumo e commercio, ecco che è possibile attivare una filiera in maniera naturale. Dello stesso avviso anche Federico Caner, assessore regionale al turismo e all’agricoltura che ha ribadito che trasformare la pesca del granchio blu a scopo culinario può essere una soluzione, cioè un’arma da utilizzare per limitare i danni causati al settore.
Ma non avete una strana sensazione di déjà vu? Già a inizio anno, infatti, raccogliendo un po’ di fatti e dati, avevamo pre annunciato che la strada della gastronomia era la più logica da seguire. Anche perché già veniva fatto. Da tempo, infatti, a Venezia e in laguna gli chef stanno proponendo nei loro menu il granchio blu. Paolo Zane, che ha un banco al mercato del pesce di Rialto, ci aveva spiegato che da anni ormai vende il granchi blu.
Se inizialmente veniva richiesto solamente dagli asiatici, che già lo conoscevano, adesso piano piano è diventato sempre più gettonato, complice anche l’aumento della sua fama e della sua presenza in laguna. Questo anche perché ha un sapore più dolce, simile alla granseola, cosa che piace ai clienti. Tanto che diversi ristoratori lo tenevano in carta.
Dunque già da tempo in laguna si faceva di necessità virtù, tanto che una start-up di Rimini, la Mariscadoras srl, aveva iniziato una collaborazione con l’azienda veneziana Tagliapietra e figli, in modo da dare il via a un progetto di pesca sistematica del granchio blu a fini commerciali.
La stessa Regione Veneto (ora capeggiata da un Luca Zaia estremamente allarmato, con un punto di vista totalmente diverso sulla faccenda) aveva dato l’ok a un accordo di collaborazione con l’Università Ca’ Foscari e la Fondazione per la Pesca di Chioggia. Lo scopo era capire se il granchio blu potesse essere pescato a fini commerciali in maniera più sistematica.
Quindi, riassumendo, progetti in tal senso è già da tempo che sono attivi, si tratta solo di dargli un’ulteriore spinta. Ma torniamo alla nostra Confraternita del Granchio Blu: anche lei ha ricordato che da tre anni a questa parte la comunità Slowfood dei pescatori e ristoratori della Livenza sta parlando di questo crostaceo dei Maryland, dando l’allarme alle istituzioni. Ma ammettono di non aver avuto grandi risposte.
Anche loro hanno ricordato come, dal 2020, i ristoratori della Livenza hanno proposto il granchio blu nella rassegna gastronomica Bisat in Tavola. E andando più indietro nel tempo, Felice Gazzelli, Gran Maestro della confraternita del Bisat, aveva pronosticato che il bisat nel Livenza e altre specie autoctone sarebbero diminuite a favore di specie aliene, fra cui il gambero della Luisiana e il granchio blu.
Quindi tutta questa storia del granchio blu è da anni e anni che va avanti, non è una cosa di adesso. Ma siamo in Italia e, si sa, gli allarmi vengono sempre ignorati fino a quando non è troppo tardi.
Intanto la Confraternita del Granchio Blu si è occupata di organizzare una battuta di pesca a questo crostaceo, dando poi il pescato da cucinare al cuoco Alessandro Conte, il quale ha inventato diverse ricette, semplici e popolari.
Perché la soluzione è semplice ed è già da anni che gira nell’aria: il granchio blu prolifera? C’è richiesta da parte dei clienti? I cuochi lo stanno già inserendo nei menu? Non c’è molto altro da inventarsi: è tutto già pronto. Ma si sa, la burocrazia e le lungaggini hanno sempre la meglio. E non sono confinate in Italia, c’è anche Bruxelles da tenere conto. Lì, al momento, pare che stia agendo l’europarlamentare Rosanna Conte, la quale ha annunciato che, dopo la pausa estiva, chiederà maggiori ricerche scientifiche che diano un supporto sul lungo termine alla pesca del granchio blu, in quanto non solo è un problema per l’ecosistema, ma anche per il sistema produttivo.
Il che vuol dire altri tempi burocratici per qualcosa che poteva già essere fatto da tempo.