È uno strano periodo, in cui le sperimentazioni che più riportano alla mente distopici futuri fantascientifici si fondono con l’industria alimentare. Dopo il colorante per le patatine in grado di rendere invisibili i tessuti, ora è il turno dei funghi. I King Oyster Mushroom per la precisione, meglio noti da noi come funghi Cardoncelli, appartenenti alla famiglia dei Pleurotus, amatissimi da Renzo Arbore e sempre più diffusi nella cucina vegetariana e vegana come sostituti della carne, grazie alla loro consistenza con cui si possono imitare fibre e strutture soprattutto di pollo e maiale. Gli scienziati della Cornell University hanno invece pensato bene di non usarli per un pulled pork veg, bensì per creare dei robot ibridi, metà fungo e metà macchina.
Il fungo robot
Sappiamo già a cosa state pensando: quegli sciagurati ricercatori stanno gettando le basi per un’apocalisse, un misto tra The Last of Us e Terminator. Non poniamo limiti alla fantasia, ma non è proprio così, o quantomeno certi scenari sono ancora molto lontani. Questo robottino, con cinque arti flessibili che lo rendono più simile a una stella marina che a un T-1000, è l’hardware in cui viene fatto crescere il micelio, un sistema di filamenti simili a radici, che lo rende in grado di rispondere all’ambiente circostante grazie alla capacità del fungo di generare segnali elettrici e alla sua sensibilità alla luce. Questo robot rappresenta un importante traguardo per la robotica bioibrida, campo di studi che si promette di unire elementi biologici come piante, cellule animali o insetti con componenti artificiali.
“Mecccanismi come quelli del calcolo, della comprensione o di azione e risposta esistono nel mondo biologico e in quello artificiale creato dagli umano, e nella maggior parte delle volte la biologia è migliore dei nostri sistemi artificiali”, spiega Robert Shepherd, autore dello studio: “La bioibridazione è un tentativo di trovare componenti nel mondo biologico che possiamo sfruttare, capire e controllare, per aiutare i nostri sistemi artificiali a funzionare meglio”.
Come funziona
Gli scienziati sono partiti da un banalissimo kit per coltivare funghi, di quelli acquistabili online, optando per il cardoncello semplicemente per la facilità di coltivazione e rapidità di crescita. Il micelio ha, secondo lo studio in questione, capacità sensoriali, può comunicare e trasportare nutrienti, un po’ come i neuroni del cervello. Ci vogliono dai 14 ai 33 giorni perché un micelio sia totalmente integrato con le strutture del robot, e può essere connesso alla macchina anche tramite elettrodi, essendo anche in grado di produrre piccoli segnali elettrici, anche se come questo possa succedere resta un mistero. Tramite un’interfaccia in grado di leggere questi segnali, vengono poi attivati gli attuatori o le parti mobili che permettono ai robot di muoversi in risposta all’esposizione dei funghi alla luce, da cui tendono a volersi allontanare.
Le possibilità future di questo tipo di tecnologia potrebbero essere molto interessanti. In questa fase pionieristica l’unico input è la luce, ma se si riuscisse a creare un’interfaccia in grado di interpretare, ad esempio, la chimica del suolo, si potrebbero creare robot ibridi in grado di decidere se quanti fertilizzanti utilizzare nelle coltivazioni. Una prospettiva decisamente non così terrorizzante.