Come chiedere i 150 euro di indennizzo per il pandoro a Chiara Ferragni

Un accordo è stato raggiunto, ma a che prezzo?

Come chiedere i 150 euro di indennizzo per il pandoro a Chiara Ferragni

Giustizia è stata fatta, forse. Chiarezza un po’ meno, mentre Chiara Ferragni beh, lei è l’unica certezza di tutta questa storia. Stiamo parlando del Pandoro Gate, la telenovela preferita dagli italiani che si trascina dal lontanissimo Natale 2022. Dopo querela, inchiesta e multa, proprio ieri il Codacons ha annunciato trionfante la sua rivincita à la Robin Hood. Vale a dire l’accordo con tanto di rimborso a tutti gli acquirenti che, secondo le indagini, sarebbero stati truffati dal famigerato pandoro. Ma di cosa si tratta esattamente e come funziona la richiesta?

L’accordo

Pandoro balocco ferragni pink christmas

In breve: gli acquirenti del pandoro riceveranno 150 euro di indennizzo. Lo annuncia Carlo Rienzi, presidente del Codacons e acerrimo nemico degli ex Ferragnez da tempo immemore. A un anno dall’avvio delle prime richieste risarcitorie di cui il Codacons si era fatto portavoce e giustiziere, finalmente si è arrivati a un accordo. Raggiunto con gli avvocati dell’influencer, che in cambio hanno chiesto il ritiro di tutte le querele. Presto fatto.

“L’accordo con Chiara Ferragni rappresenta un clamoroso successo per tutti quei consumatori che avevano acquistato il pandoro ‘Pink Christmas’ e che, dopo la sanzione dell’Antitrust, si erano rivolti alla nostra associazione allo scopo di avere un rimborso” ha commentato Rienzi. “Un successo dimostrato dai numeri, che parlano da soli: gli acquirenti del pandoro che chiedevano un rimborso di 5,69 euro, pari alla differenza tra il prezzo del pandoro normale Balocco (3,68 euro) e quello griffato Ferragni (9,37 euro), otterranno ora un indennizzo di 150 euro ciascuno, proprio grazie all’accordo raggiunto dal Codacons. Risarcimento che, è bene ribadirlo, andrà ai consumatori, e non certo al Codacons”. Le puntualizzazioni servono sempre: ma siamo sicuri sia davvero un successo?

I conti che (non) tornano

chiara ferragni pandoro

Certo, 150 euro fanno comodo. Però, a fronte di soldi che tornano, cosa dire dei conti di tutta questa faccenda? A illuminarci è, come sempre e come da principio, la giornalista Selvaggia Lucarelli. Che proprio qualche giorno fa spiegava su Il Fatto Quotidiano come l’accordo “potrebbe portare, in cambio di una grossa cifra a titolo di risarcimento dei consumatori, il ritiro delle querele. E in tal caso la Procura di Milano, riconosciuta la disponibilità dell’indagato per il risarcimento potrebbe archiviare tutto”.

Non solo. Ora che la prima profezia si è avverata, ieri Lucarelli, attivissima sui social, postava sulle sue stories Instagram una serie di riflessioni sulla vicenda che fanno quantomeno pensare. A partire dall’interesse del Codacons di entrare nel merito della vicenda e farsi il V per Vendetta della situazione con annessi titoli stampa e pubblicità. E che Ferragni fin da subito (gennaio dello scorso anno) ha cercato un accordo extra giudiziale per sfuggire a un processo che poteva rivelarsi lungo e perdente.

Un accordo dunque che è convenuto a tutti, e che sembra mettere la parola fine (anche giudiziaria) ai vari Gate mangerecci della Chiara nazionale. Ma anche l’eventuale inizio di un rapporto di interesse tra influencer e Codacons, che comprende rimborso delle spese legali, scelta concordata dell’associazione di beneficienza, e probabile iniziativa benefica futura con testimonial proprio Chiara Ferragni. Tutto fa visibilità, e qui veniamo al presunto specchietto per le allodole rappresentato dai 150 euro.

Ma quindi sti 150 euro?

Chiara Ferragni, pandoro

Perché, spiega sempre Lucarelli, il “successo” dell’accordo in realtà andrà a coprire una cifra irrisoria rispetto ai danni reali (e soldi intascati). Difatti: la richiesta di indennizzo finora è stata effettuata da appena 160 consumatori, come riportato dal Tg1. In soldoni (effettivi) 24mila euro. Poca, pochissima roba rispetto ai 43 milioni e 500mila euro che risulterebbero dalla totalità dei pandori venduti, in tutto 290mila. Cifre folli e mai nemmeno nominate nell’ambito dell’operazione, che sembra più un udite udite urlato al megafono.

 

Al Codacons basta sventagliare l’accordo raggiunto e i 200 mila euro dati in beneficienza alla sempreverde associazione contro la violenza sulle donne. E assicurare tutti gli aventi scontrino (o autocertificazione, ma dubitiamo fortemente della sua fattibilità) che arriveranno magicamente e in tempi immediati sti benedetti 150 euro.

Ah giusto, come si fa a riaverli? Occorre contattare il Codacons via email o telefono, fornire documento di identità, allegare prova di acquisto o autocertificazione (un modulo stringato scaricabile dal sito), attendere conferma e rimborso. Sembra semplice ma non è, vista la reale possibilità di un vertiginoso aumento di richieste con conseguente crash del sito (che già di suo… ). Senza contare la probabile finestra limitata di tempo disponibile per presentare la richiesta. Giusto quel che serve per fare la voce grossa e poi avviare l’amnesia collettiva, tipo scordarsi di cosa si è mangiato a Natale – figuriamoci di due anni fa.