Sarà perché si è scoperto che sono finite in una sangria? No, non proprio. O almeno, così pare. Vi raccontiamo la vicenda: il nostro protagonista, un collezionista parigino, ha venduto nel periodo tra il 2012 e il 2015 60 bottiglie di Château Petrus e incassando 73 mila euro circa.
Qualche anno più tardi, però, ecco che viene multato dal fisco francese per una cifra pressoché equivalente (71.240 euro, a essere ben precisi – o meglio ancora: fiscali, ah! ah!). La domanda sorge spontanea: che è andato storto?
Le ragioni del fisco e il duello in aula
La pietra dello scandalo sarebbe costituita dalla mancata dichiarazione delle vendite di cui sopra. Per la legge francese, naturalmente, il dado è tratto: tale mancanza è interpretabile come “attività occulta di commercio di vino”, e pertanto oggetto di multe. La sentenza, così posta, pare relativamente semplice: il duello in aula, però, si è rivelato decisamente più combattuto, e macchiato da inaspettati colpi di scena.
La maxi multa è arrivata nel 2020. Due anni più tardi, il 18 ottobre del 2022, il nostro protagonista viene di fatto assolto dalla sanzione dallo stesso tribunale amministrativo di Parigi. Un sospiro di sollievo che si rivela uno spettro appiccicoso.
Dopo altri due anni, lo scorso 17 ottobre, il collezionista vede la settima sezione della Corte d’Appello ripristinare la multa. A muovere gli ingranaggi della legge, questa volta, è stata una richiesta del Ministro dell’Economia. Insomma: guai a dire che dall’altra parte delle Alpi il vino non sia cosa seria.
Che succederà, ora? Stando a quanto lasciato trapelare da Vitisphere l’avvocato del collezionista andrà a rivolgersi al Consiglio di Stato, in quanto il suo cliente nega di essere assimilato a un venditore professionista e ricorrente. Per vederci meglio, a questo punto, è bene ricostruire un po’ la cronologia del caso.
60 bottiglie di Petrus sulla bilancia, che nel 2011, ’12 e ’13 passano dalle mani di un grande commerciante di Bordeaux a quelle del collezionista. Costo: 25.620 euro. Questi poi le rivende a un secondo commerciante, questa volta della Gironda, incassando 98.400 euro. Prezzo triplicato. E la Corte d’Appello che dice?
Le autorità francesi si aggrappano al fatto che il collezionista “non ha venduto fisicamente le bottiglie poiché sono state acquistate en primeur“. In altre parole, “la cronologia dei fatti non riflette che le bottiglie siano state acquistate per consumo personale, mentre il vino Petrus è rinomato in tutto il mondo per il suo potenziale di invecchiamento estremamente significativo”.
Insomma, il collezionista non si è comportato da collezionista; ma piuttosto come commerciante di vino “a titolo individuale e a scopo di lucro, ed era pertanto soggetto all’imposta sui redditi nella categoria degli utili industriali e commerciali”.