Una comoda mano di vernice verde brillante per strizzare l’occhio al futuro, e poco importa se il termine “sostenibilità” si riduce sempre più alla parodia di sé stesso – una bella parola piena di vento e svuotata da ogni azione concreta. Coca Cola, Nestlé e Danone sono state accusate di greenwashing o, a essere più precisi, di avere fatto affermazioni “fuorvianti sul fatto che le loro bottiglie d’acqua in plastica siano riciclate al 100%”.
Rassicurazione e pugnalata alla schiena, il fenomeno del greenwashing: a muovere l’accusa è un’associazione di consumatori e due gruppi ambientalisti, che hanno per l’appunto presentato una denuncia legale alla Commissione europea dichiarando che le bottiglie in plastica a marchio Coca Cola, Nestlé e Danone non siano mai state realizzate interamente con materiali riciclati.
Coca Cola, Nestlé e Danone: la pratica del greenwashing
Lo spieghiamo a favore di chi si è seduto in fondo: il greenwashing o “lavaggio in verde”, per farvela semplice, è una pratica che consiste nel pubblicizzare prodotti o interi marchi come “amici del Pianeta”, o in altre parole forti delle pratiche più sostenibili come il riciclo della plastica e via dicendo. Dietro queste promesse rassicuranti, puntualmente gonfiate dal marketing, si cela naturalmente una realtà nettamente diversa.
“Le prove sono chiare: le bottiglie d’acqua in plastica semplicemente non vengono riciclate più e più volte per diventare nuove bottiglie in Europa”, ha affermato Rosa Pritchard, avvocato specializzato in materie plastiche presso ClientEarth. “Un tasso di riciclaggio delle bottiglie pari al 100% non è tecnicamente possibile e, solo perché le bottiglie sono realizzate con plastica riciclata, non significa che non danneggino le persone e il pianeta”.
In altre parole, “è importante che le aziende non considerino il riciclaggio come una soluzione miracolosa alla crisi della plastica, ma che debbano invece concentrare gli sforzi sulla riduzione della plastica alla fonte”. Parole che, come accennato, stridono grossolanamente con il claim di Coca Cola, Nestlé e Danone.
La risposta dei tre colossi, naturalmente, non si è fatta attendere. Coca Cola ha affermato che “sta lavorando per ridurre la quantità di imballaggi in plastica”; Nestlé ha assicurato che sta lavorando “duramente per ridurre la quantità di imballaggi in plastica” e Danone ha ribadito la sua fiducia nella “circolarità degli imballaggi e continueremo a investire e condurre la campagna per una migliore infrastruttura di raccolta e riciclaggio”.
Ora la palla è nella metà campo della Commissione europea, che dovrà valutare se organizzare o meno una risposta coordinata tra le autorità nazionali preposte alla tutela dei consumatori – un’eventualità che potrebbe comportare la richiesta alle aziende di rettificare la situazione o l’imposizione di sanzioni all’interno dei propri confini. È bene notare, infine, che non si tratta della prima volta che i panni sporchi delle tre aziende in questione vengono a galla: ricorderete che Coca Cola è stata a lungo additata come il maggiore produttore di plastica al mondo, Nestlé è stata accusata di aggirare i divieti europei sui pesticidi e Danone ha a sua volta attirato le attenzioni degli ambientalisti per l’utilizzo eccessivo di materiale plastico.