Quello della siccità sta diventando un leitmotiv decisamente preoccupante: oltre alla carenza idrica che negli ultimi mesi ha minacciato l’Italia (in particolare le zone del Nord) e al rischio di carestia che nei Paesi del Corno d’Africa sta diventando un prospetto sempre più spaventosamente concreto; occorre anche considerare la situazione del Cile, dove le risorse di acqua dolce si trovano ai minimi storici dopo un periodo di secca lungo 13 anni. Si stima che più della metà dei 19 milioni di abitanti dello Stato dell’America del Sud stia vivendo in un’area che soffre di “grave carenza d’acqua”, tanto che il governo locale ha annunciato, nel mese di aprile 2022, un piano di razionamento del cosiddetto oro blu senza precedenti.
“L’acqua è diventata un problema di sicurezza nazionale” ha commentato a tal proposito Pablo García-Chevesich, un idrologo cileno che lavora presso l’Università dell’Arizona. “È il problema più grande che il Paese deve affrontare dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Se non lo risolviamo, allora l’acqua sarà la causa della prossima rivolta”. Non sarebbe la prima volta, dopotutto: durante le proteste del 2019, dove milioni di manifestanti si riunirono per chiedere alle autorità del Paese di affrontare le disuguaglianze sociali, risuonava spesso e volentieri il ritornello “non è siccità, è furto”; facendo riferimento alle norme vigenti (una reliquia dei tempi di Pinochet) inerenti al sistema idrico, che di fatto permette ai privati di acquistare e vendere allocazioni idriche come se fossero stock di mercato finanziario.
Così, mentre l’uomo sociale protesta, la natura cambia il suo aspetto: a 50 chilometri da Santiago, la capitale del Cile, il Lago Aculeo – un tempo hotspot del turismo locale – è sparito dalle mappe fisiche in meno di un decennio a causa dell’azione combinata della vendita dei diritti sull’acqua, la crescita della popolazione e il cambiamento climatico. Ora non rimane che una distesa di polvere e rimpianti circondata da scali che si snodano tra gli steli morti. Nel 2010 i diritti sui corsi d’acqua che alimentano il lago furono acquisiti legalmente da grandi piantagioni agricole e proprietà private, che hanno sottratto i principali affluenti. Le valli intorno al bacino sono passate da colture annuali a case estive e piantagioni di alberi da frutto ad alta intensità d’acqua. “C’è un problema alle fondamenta da queste parti” ha spiegato a tal proposito l’attivista Jenny Caru. “È come se l’obiettivo della nostra acqua fosse quello di fare soldi, e non servire il benessere delle persone”.