Secondo un recente studio le persone sono meno propense a comprare e mangiare il cibo vegano a causa di un bias cognitivo. E questo succede anche quando tale scelta sarebbe auspicabile per la propria salute o per tutelare l’ambiente. Lo studio in questione è stato realizzato dal Massachusetts Institute of Techonolgy.
Non compriamo cibo vegano per un bias cognitivo?
I ricercatori hanno chiesto a circa 150 persone partecipanti a diversi eventi universitari di ordinare in precedenza il loro pasto, scegliendo fra due opzioni: una normale e una vegana. Nel primo caso erano presenti ravioli al formaggio e un’insalata greca con feta, nel secondo ravioli di verdure e hummus di verdure. Poi è anche stato condotto online uno studio simile.
Si è così visto che quando negli ordini veniva utilizzata la parola “vegano”, ecco che le persone erano meno propense a ordinare questa tipologia di pasto. Anzi: fra i partecipanti in persona, i due terzi hanno accuratamente evitato il menu vegano.
Alex Berke, studente di dottorato presso il Media Lab del MIT e principale autrice dello studio, vegana da tre anni (in precedenza era vegetariana), ha spiegato che chiunque mangi vegetariano o vegano non è rimasto sorpreso dai risultati dello studio. Ed è tutta colpa dei pregiudizi contro questi alimenti.
Secondo Susan Clayton, esperta di psicologia del cambiamento climatico presso il College of Wooster in Ohio, ha spiegato che ci sono molte ragioni per cui le persone si rifiutano di mangiare cibo vegano quando viene classificato in questo modo. Secondo Clayton, l’identità di alcune persone comporta il fatto di vedersi come carnivori, soprattutto quando la famiglia o la cultura sono incentrate sulla carne.
Altri, invece, non ritengono importante cambiare alimentazione in quando non credono ai cambiamenti climatici. Clayton ha poi continuato sottolineando che alcune persone vedono il termine “vegano” come sinonimo di privazione, tralasciando il fatto che esistono adesso sostituiti ai prodotti animali. E fa un esempio: quando in una caffetteria si vedono dei muffin vegani, ecco che una persona non vegana immediatamente pensa che ne vorrebbe uno con burro e uova. Questo accade nonostante il fatto che esistano alcuni muffin vegani che hanno un sapore molto buono. Il problema, qui, è che c’è questa idea di fondo che mangiare vegano voglia dire accontentarsi di ingredienti di seconda scelta.
Jason Siegel, professore di Psicologia alla Claremont Graduate University della California, il problema sta nel bias cognitivo della “reattanza”. In pratica, riassumendo molto, è quell’atteggiamento mentale che deriva quando una persona si sente limitata nelle scelte: quando la libertà di questa persona viene percepita come limitata, ecco che viene spinta a fare l’esatto opposto. Tutto deriva dall’incapacità di queste persone di accettare il cambiamento: non si tratta di un obbligo, bensì di una scelta.
Tutto ciò vuol dire che, nell’ottica di arginare i cambiamenti climatici, se si vuole spingere le persone a ridurre il consumo di carne, bisognerebbe evitare di utilizzare nei menu il termine “vegano”.