Come dev’essere il cibo nello spazio? Beh, stando a chi lo spazio, di fatto, lo conosce molto bene – saporito (che non guasta mai), nutriente (e ci mancherebbe ancora), poco impattante sull’ambiente e preferibilmente plant based. Eh sì: gli scienziati della NASA incaricati di creare i pasti adatti alla vita in orbita hanno infatti lanciato una nuova sfida per trovare soluzioni innovative per sfamare gli astronauti che, nei decenni a venire, saranno impegnati in missioni pluriennali nel grande “vuoto” che si estende tutto attorno a noi.
Cibo nello spazio: la nuova frontiera del plant based?
Il legame che unisce l’esplorazione dello spazio e il cibo è senza dubbio particolare: da una parte la frontiera della modernità, il volto acefalo e inscrutabile del futuro; e dall’altro l’elemento più ancestrale e familiare a cui l’uomo, di fatto, non può naturalmente fare a meno – la necessità di riempirsi la pancia, per l’appunto.
L’alimentazione dello spazio presenta una serie di particolarissime sfide – dall’apparentemente banale aspetto logistico (che d’altronde lassù non ci sono supermercati) a quello nutritivo, passando per le necessità materiali che, a un’analisi sommaria, potrebbero passare inosservate: giusto per farvi un esempio, sono banditi tutti i cibi che fanno briciole. Ve lo immaginate dovere passare l’aspirapolvere o la scopa per raccoglierle a gravita zero?
Ma torniamo a noi – come accennato, la sfida al cibo per lo spazio della NASA non è solo interna: la compagnia spaziale a stelle e strisce ha infatti lanciato una competizione, la Deep Space Food Challenge, che invita innovatori e scienziati di tutto il mondo a impegnarsi per cerare tecnologie e cibi adatti alla vita al di fuori della Terra, con particolare attenzione alle sopracitate missioni a lungo termine.
Se il nome non vi è nuovo non ci sorprendiamo: si tratta di fatto della seconda edizione complessiva della Challenge, con la prima che vide diciotto team – e idee – vincitori assicurarsi un premio di 25 mila dollari ciascuno. I vincitori della seconda, invece, hanno costruito e presentato prototipi di tecnologie per produrre cibo sicuro e volendo anche 100% plant based, utilizzando pochissime risorse e con uno scarto minimo. I prototipi sono stati realizzati in scala, mentre la prossima fase – la terza – chiederà ai partecipanti di dare loro vita in scala reale.
“Se chiedi agli astronauti, tutti ti diranno che il cibo, il suo gusto e il suo valore nutritivo sono parti fondamentali di qualsiasi missione di esplorazione umana dello spazio di successo“ ha spiegato Denise Morris, responsabile del programma di challenge della NASA. Le possibilità presentate in questa sfida potrebbero aiutare a sostenere i nostri esploratori in missioni future e avere anche il potenziale per dare una mano proprio qui sulla Terra nelle aree in cui il cibo scarseggia o è difficile da produrre”.
Conclusa la fase tre, il team vincitore della sfida riceverà un premio di 1,5 milioni di dollari e l’emozione di vedere la propria tecnologia prendere il “volo” insieme agli astronauti verso lo spazio profondo.