Il cibo Made in Italy va fortissimo in Russia, tanto che nel 2018 l’Italia si si posiziona al settimo posto tra i fornitori mondiali del Paese (con un fatturato di 945 milioni di euro), e al secondo posto se si guardano solo i fornitori comunitari, dove a batterci c’è solo la Germania.
I risultati sono frutto di un’analisi dell’Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, che ha quantificato per il 2018 l’impatto delle vendite dei prodotti enogastronomici italiani in questo mercato, alla luce dell’embargo, misurandone anche il livello di competitività. Cala, ovviamente, il fatturato relativo ai prodotti interessati dall’embargo, che fa registrare una perdita economica di 217 milioni di euro, con frutta fresca, carni, latte e derivati che perdono rispettivamente 112, 57 e 48 milioni di euro rispetto al periodo precedente alle sanzioni economiche emanate dalla Ue nei confronti della Federazione Russa. Uno stop importate, se si pensa che nel 2013 l’import russo di questi stessi prodotti era in crescita del 124% rispetto al 2009.
Una perdita parzialmente compensata da altri comparti, che continuano a registrare risultati positivi, come i vini confezionati, per cui l’Italia è al primo posto per le vendite, con 161 milioni di euro di fatturato. Un comparto che nel 2018 ha costituito 17% delle importazioni agroalimentari italiane dalla Russia. Cresce anche l’olio vergine di oliva, con 22 milioni di euro (pari al 2,4% dell’import totale), i pomodori, le passate e i concentrati, con 11 milioni di euro (pari all’1,2% del totale), e i pomodori polpe e pelati con 9 milioni di euro (l’1% del totale). Confermata la leadership italiana anche in altri comparti, come quello dei vini spumanti, del vermouth, (che però fanno registrare una flessione del fatturato tra il 2018 e il 2013), della pasta, del cioccolato e dl caffè torrefatto.
[Fonte: Ansa | Foto: Pixabay]