Fermatevi un attimo. Prendete un respiro. Chiudete gli occhi…
Riapriteli, diamine! Chiudeteli dopo aver letto questa domanda: qual è il gusto della vostra infanzia? Che cosa mangiavate, bambini e ora avete perduto?
Bene: ora potete chiudere gli occhi e pensarci. Ci vediamo tra trenta secondi…
Rieccoci. La domanda può sembrare oziosa ma invece è una cosa che strugge intellettuali e artisti da generazioni.
Senza scomodare l’autore più citato e meno letto di tutti i tempi, Marcel Proust (parimerito con James Joyce), mi basta elencarvi: “La prima sorsata di birra. E altri piccoli piaceri della vita” di Philippe Delerm, il “Dizionario delle cose perdute” di Francesco Guccini, “Trascurabili momenti di felicità” di Francesco Piccolo (che ha scritto di questo anche domenica scorsa su “La Lettura” del Corriere) e pure, scusate l’immodestia, il mio “Il gusto delle piccole cose”.
Ma basta fare i bibliotecari, diobono. Cosa vi manca della vostra infanzia?
A me mancano le sigarette di chewing gum. Mi mancano le bottigliette di succo di frutta –quando ancora un succo costava due lire e non quattro euro– con il tappo a corona, sopra la bandiera di un paese, sotto la cracia di frutta.
Mi manca la sanguinella che trovo più poco. Ma sopra tutto, sopra tutti, uber alles mi manca il Fiorello Locatelli.
Che cos’era, il Fiorello?
Era una vaschetta azzurrina su cui c’era scritto “Formaggio di solo latte e panna”, così, per rassicurare le mamme: non temete ci sia qualcosa di magro, che poi il bambino si sciupa.
Si metteva lo zucchero, i più eroici il Nesquik, si girava, e via, a badilate. Era proprio venduto così, come merenda: come farsi una tazza di mascarpone. Vai, bambino, che hai bisogno di energie!
Oggi è una cosa così impensabile che devono aver chiesto il diritto all’oblio: se cercate su Google ci son meno immagini che di Ettore Majorana quarantenne.
Panna a merenda? Siamo matti! Barbari!
Mi dicono esista ancora, ma sono certo che non avrà la stessa tabella nutrizionale del 1980. E comunque nulla potrà mai essere buono come le cose mangiate a dieci anni, dopo un pomeriggio in cortile.