Se c’è una cosa da imparare dall’affaire Ferragni Balocco – possibilmente la telenovela più seguita e commentata nell’ultimo Natale italiano – è che diffidare dell’aura di implicita virtù che aleggia attorno alla parola “beneficenza” sarà pure un lavoro sporco, ma dannatamente necessario.
Chiara Ferragni (così come Alessandra Balocco, è bene notarlo) è indagata per truffa aggravata nell’ambito dell’indagine della Procura di Milano riguardante il caso del pandoro “Pink Christmas” di casa Balocco. Cambiano le carte in tavola, in altre parole – l’ipotesi di reato non è più quella della frode in commercio ma quella della truffa, per l’appunto. Stando a quanto riportato dall’ANSA la Guardia di Finanza di Milano, su delega del procuratore aggiunto Eugenio Fusco, avrebbe già acquisito la documentazione nella sede della Balocco a Cuneo in merito all’inchiesta.
Caso Ferragni – Balocco: un’occhiata ai dettagli
Un’evoluzione del caso che ha il peso specifico della sentenza, e che di fatto fa seguito alla multa applicata dall’Antitrust il mese scorso nei confronti delle società facenti capo a Chiara Ferragni – oltre un milione di euro, numeri alla mano – e alla stessa Balocco – circa 400 mila euro.
I nostri lettori più attenti – ma anche quelli più disattenti, diciamoci la verità – ricorderanno che, così facendo, l’Antitrust intendeva ritenere responsabili entrambe le parti della campagna ingannevole su cui poggiava l’impianto comunicativo dell’ormai famigerato pandoro in rosa, commerciato a un prezzo di due volte e mezza superiore rispetto al “collega” base.
Proprio il prezzo maggiorato aveva indotto i consumatori a pensare che, attraverso l’acquisto, avrebbero contribuito alla donazione di fondi all’ospedale per bambini Regina Margherita di Torino – una lettura favorita dall’uso (e abuso) della parola “beneficenza” da parte della stessa Chiara Ferragni sui suoi seguitissimi canali social.
Nelle ore a venire gli inquirenti milanesi saranno chiamati a valutare i temi del presunto profitto illecito e del danno ai consumatori in modo tale da inquadrare definitivamente l’ipotesi di truffa. Ore bollenti, in altre parole; ore in cui è necessario fare luce anche nel velo di autorevole torbidità che sovente circonda la parola “beneficenza”; ore in cui potremmo assistere a nuove apparizioni di piccole fiammiferaie con il capo cosparso di cenere.
Nel frattempo alcune Procure, che nei giorni scorsi hanno aperto analoghi fascicoli senza ipotesi di reato o indagati, hanno contattato i pm milanesi con l’intenzione di trasmettere gli atti nel capoluogo lombardo. L’inchiesta milanese, per di più, prenderà in esame – oltre al caso pandoro e alle uova di Pasqua a marchio Dolci Preziosi – altri casi simili in cui il prodotto di turno con la griffe Ferragni è stato proposto con scopi solidali.
Le prime conseguenze, nel frattempo, hanno già cominciato a piovere: l’esempio più vistoso è quello di Coca Cola, che ha recentemente annunciato il divorzio da Chiara Ferragni.