Almeno per il momento non sembra placarsi l’onda polemica che ha travolto chef Rubio, reo di aver detto la sua (non troppo delicatamente, bisogna darne atto) sul tragico fatto di cronaca che ha visto morire due agenti a Trieste per mano di un fermato. A fare a cazzotti virtuali con il volto della cucina televisiva, questa volta, è Massimo Giletti, che dal suo “Non è l’Arena”, in onda su La7, ha commentato le esternazioni social di Rubio: “Ha scritto la prima stronzata che gli è venuta in mente”, ha detto in poche parole Giletti, spiegando che “quando uno scrive dovrebbe avere un minimo di cervello”. “Viviamo in una società dove appena succede qualcosa uno non sente altro che la necessità impellente di scrivere la prima stronzata che vuole dire. Prima di scrivere certe cose, bisognerebbe pensarci non una, cento volte”.
A questo ennesimo “richiamo all’ordine”, quasi contemporaneo a quello di Rita Dalla Chiesa, Chef Rubio (che nel frattempo ha anche scritto al fratello dell’agente ucciso con cui, inizialmente, aveva avuto da ridire, scrivendo che “non gli deve delle scuse” perché “solo chi perde un fratello può sapere cosa si provi”) ha provato, ancora una volta, a dire la sua: “Dopo tutta sta merda quello che voglio non sono delle scuse, con cui me ne sciacquerei le palle, quello che esigo è che la morte di quei due ragazzi non sia stava vana, che dalle stronzate sui social, o da quelle nei programmi demmerda, piedi de gente demmerda, si passasse ai fatti, più sicurezza e preparazione per chi ci protegge, per dare sicurezza a tutti noi i vostri contribuenti del cazzo. I vertici devono trasformare altrimenti tutto sarà stato vano e saranno stati complici”.
Quel che ci piacerebbe davvero fare, ora, è fermarci tutti un attimo, analizzare la situazione, e smettere di usare questa polemica per fare chiacchiericcio, in una drammatica vicenda che ha visto la morte di due agenti. E se questo chiacchiericcio prosegue, bisogna dirlo, non è proprio tutta colpa di chef Rubio, che ha sì iniziato con un commento non esattamente edificante nei toni, ma che poi ha anche invocato silenzio e rispetto (però, Rubio, ci permettiamo di consigliarti di fare la tua parte per contribuire a quel silenzio: a certe critiche si può anche non rispondere).
Perché poi Chef Rubio dice la sua, lo dice a suo modo (e a chi scrive, beninteso, i toni di chef Rubio non piacciono), ma dice cose che dietro hanno un ragionamento, che spesso viene (intenzionalmente) travisato. Per cui, quello che probabilmente nelle intenzioni di Rubio voleva essere un attacco allo Stato (anche in difesa delle forze di polizia, che si trovano troppo spesso abbandonate a se stesse) è diventato un commento dai toni duri nei confronti di due agenti (paragonati da Rubio a “giovani impreparati fisicamente e psicologicamente”) che, in quel momento, probabilmente, meritavano solo un rispettoso silenzio.
Ma non ci vuole un genio per capire che Chef Rubio non ce l’aveva con loro. Per questo, chi sostiene il contrario, è probabilmente in malafede. Allo stesso modo, non ci vuole un genio per capire che questa storia di botta e risposta via tv e social meriterebbe un punto, che potrebbe essere lo stesso chef Rubio a mettere, in una prova di maturità.